Raccontare la vita di Gino Bartali, leggenda dello sport e del ciclismo italiano, significa fare i conti con la storia, con il passato buio del ventennio fascista italiano e con il dramma della shoah. Non basta elencare scalate, discese, trofei ed onorificenze per rendere la grandezza di un uomo semplice come pochi ma pur sempre il più grande ciclista di tutti i tempi.
“Il bene si fa ma non si dice. Certe medaglie si appendono all’anima e non alla giacca”. Una frase che Bartali amava ripetere spesso, quasi a mo’ di monito per tutti quei numerosissimi narratori che si interessavano alla sua vita straordinaria, ancor più che alla sua strepitosa carriera di ciclista.
“Ginaccio, il Giusto, Homme de fer” sono solo alcuni dei tanti soprannomi che Bartali si portava dietro. Unica forma di ricompensa che l’uomo del Giro d’Italia e del Tour de France concedeva alla tanta gente che ne apprezzava imprese e miracoli. Come i francesi che nel ’48 assistettero al suo trionfo alla Grande Boucle nonostante un infortunio che poco tempo prima lo aveva colpito durante il Giro.
Sono passati cento anni e mille imprese da quando a Ponte a Ema, una minuscola frazione toscana sulla Via Chiantigiana, il piccolo Bartali si concesse il primo, e molti dicono anche l’ultimo, urlo della sua vita. Era un gigante, robusto, poco adatto a stare sul sellino di una bici. L’Unità, infastidita dalla profonda religiosità con la quale Bartali affrontava la propria quotidianità, lo scherniva titolando così ad una sua debacle: “Datti all’ippica!”
Salvò centinaia di ebrei dai campi di concentramento. Ma di questo Bartali non si prese mai meriti. Neanche per i tre Giri d’Italia (’36, ’37 ,’46), i due Tour de France (’38, ’48) o le decine di corse che riuscì a far proprie come la Milano-San Remo o la Sei Giorni in vent’anni di carriera ( dal ’34 al ’54).
Oggi il mondo ricorda Bartali – morto nel 2000 a 86 anni – grazie anche alle parole di Paolo Conte, che cantava: “Quanta strada avrà fatta Bartali, quel naso triste come una salita, quegli occhi allegri da italiano in gita, e i francesi ci rispettano, che le balle ancora gli girano, e tu mi fai – dobbiamo andare al cine – e vai al cine, vacci tu.”
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ho 59 anni sono nativo di GraSSINA mio padre mi parlava sempre delle grandi imprese di Bartali ma conoscevo poco Bartali come salvatore di vite umane mi sento orgoglioso di essere suo compaesano e tutti gli italiani devono sentirsi fortunati di aver avuto un loro connazzionale cosi grande nello sport e come altruismo verso la vita degl'altri GRANDE GINO PURTROPPO COME DICEVI:GLIE TUTTO DA RIFARE