La “vertenza Gela”, continua tra le proteste e la rabbia dei lavoratori.Le proteste tra i dipendenti dell’Eni e dell’indotto, con blocchi stradali e manifestazioni, preoccupano il gruppo parlamentare del Pd alla Camera: il vicepresidente, Andrea Martella, ha presentato al presidente della commissione Attività produttive, Guglielmo Epifani, una lettera sottoscritta da altri sette deputati democratici con cui si chiede “di convocare in audizione i vertici dell’Eni e le organizzazioni sindacali per approfondire la delicatissima questione della riorganizzazione delle unità produttive nel settore della raffinazione a causa di un surplus di prodotto raffinato presente in Europa. Riorganizzazione annunciata dall’Ad dell’Eni, Claudio Descalzi”.
“Questo piano – scrivono i deputati – metterebbe a rischio il futuro di realtà industriali importanti come Porto Marghera, Gela, Taranto, Livorno, oltre a una serie di impianti petrolchimici come Priolo e Brindisi. Tale decisione tra l’altro verrebbe assunta in palese contraddizione con il piano industriale del management precedente che invece aveva assicurato una serie di investimenti proprio in alcuni dei siti oggi a rischio chiusura” malgrado si tratti di “un settore strategico per l’industria italiana”.
A Gela proseguono i blocchi alle vie di accesso al petrolchimico, blocchi che impediscono il transito a uomini e mezzi: non passano nemmeno i turnisti, mentre è stata avviata la procedura per giungere alla precettazione del personale. L’intervento del prefetto mira a garantire il cambio turno ai lavoratori che si trovano in fabbrica da oltre 48 ore in condizioni di estrema stanchezza. Dovranno essere fermati e posti in stato di conservazione gli impianti ancora in marcia non necessari alla sicurezza della fabbrica mentre si dovrà garantire la presenza dei turnisti nei reparti che vanno mantenuti attivi.
In mattinata un migliaio di persone, in auto, in moto, in bicicletta, bloccando la statale 115 per Vittoria hanno raggiunto, lentamente, il piazzale del più grande gasdotto del Mediterraneo, il GreenStream dell’Eni, che porta 10 miliardi di metri cubi di metano annui destinati all’Europa. Da qui i consigli comunali di una decina di città del golfo di Gela, riuniti in seduta straordinaria e urgente, hanno lanciato un appello al governo nazionale e alla stessa Eni perché non chiuda la raffineria, non cancelli mezzo secolo di realtà industriale e non getti sul lastrico migliaia di famiglie. Sindaci e consiglieri hanno respinto con fermezza l’annunciato disimpegno dell’ente di Stato. La gente è in preda allo sconforto: “L’Eni dopo avermi resa vedova non può lasciare me e i miei due figli nella disperazione”, ha detto una lavoratrice che aveva preso il posto del marito morto sei anni fa per una leucemia. Molti operai sono pronti a fare le valigie e partire. Intanto, da Palermo, è intervenuto anche il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, il quale, parlando della vertenza degli stabilimenti di Gela e di Priolo, ha detto che “l’Eni non può pensare di sfruttare i territori e poi abbandonarli. Questa è una vertenza nazionale. Deve intervenire lo Stato, non si possono abbandonare i siti sito senza interventi di bonifica e senza pagare il danno ambientale causato in questi anni”.