Sarebbe stata proprio lei, la madre, Aminta Altamirano Guerrero, messicana di 33 anni, da due separata dal marito che vive in Germania, a uccidere nella notte tra domenica e lunedì ad Alcamo, nel Trapanese, il figlioletto di 5 anni, facendogli ingerire psicofarmaci.
Nell’abitazione in cui la donna viveva col figlio sarebbe stata trovata una lettera in cui, in termini molto confusi, la messicana dava disposizioni annunciando la morte propria e del figlio e chiedeva che non venisse eseguita l’autopsia sui loro corpi. Oltre alla lettera, nelle mani degli inquirenti c’è un altro elemento (allo stato non reso noto) che avvalorerebbe l’ipotesi investigativa dell’omicidio.
“Il racconto della donna – dice il procuratore capo di Trapani, Marcello Viola – ci è apparso sin da subito lacunoso e così, dopo l’acquisizione di alcuni elementi, abbiamo deciso il fermo”. L’indagata, che respinge ogni accusa, sostiene di avere trovato la mattina il figlio morto nel lettino. Gli inquirenti non credono alla versione fornita dalla donna, secondo la quale il bambino, eludendo la sua sorveglianza, ha assunto le medicine. Agli investigatori è apparso poco plausibile che il piccolo sia riuscito ad aprire la bottiglietta del farmaco, munita di un tappo che si può svitare solo con un’adeguata pressione.
L’esame autoptico è fissato per domani, mentre il padre del piccolo arriverà ad Alcamo, sua città natale, in tarda serata e i pm contano di sentirlo tra stanotte e domattina. La donna soffriva di una grave depressione, probabilmente dovuta anche alla burrascosa separazione con il convivente, che lo scorso anno aveva denunciato per maltrattamenti. I due si erano conosciuti in Messico nel 2007 e il bambino era nato dopo due anni a Puebla, città che si trova un centinaio di chilometri a sudest della capitale. L’ipotesi, come conferma il procuratore Viola, è di omicidio volontario.
Nonostante il quadro accusatorio sembra ormai cristallizzato, la Procura mantiene il riserbo su alcuni contorni della tragedia; riserbo che dovrebbe essere sciolto domani, dopo che sarà interrogato il padre della piccola vittima. Intanto, il legale dell’indagata, Fabio Bognanni, nel riferire che la sua assistita nega ogni addebito, rende noto che la donna aveva chiesto aiuto a una casa famiglia di Alcamo. Dopo la separazione, infatti, viveva di stenti e andava avanti con l’aiuto della parrocchia e dei vicini di casa. Ma nessuno, nel quartiere, ha mai sospettato che la donna potesse fare del male al figlio.
La si vedeva spesso in giro e sempre – dicono i conoscenti – in compagnia del bambino. Domani mattina il procuratore Viola e il sostituto Sara Morri, che dirigono le indagini condotte dalla polizia del commissariato di Alcamo, presenteranno al gip la richiesta di convalida del fermo.
(Foto d’archivio)