Paradossi di una carriera. Sei campione di umiltà e di calcio e diventi celebre nel giorno degli eccessi. Brasile – Germania non è più catalogabile come una semifinale ma come una storia che presto diventerà leggenda. E uno dei protagonisti di questa partita leggendaria è Miro Klose, attaccante della Germania.
Così come l’umiliazione del Brasile sarà stemperata solo tra qualche decennio, così il record di Klose sarà difficilmente superabile. Ha segnato in totale 16 gol, uno più di Ronaldo (altra batosta morale per il Brasile), snocciolati nel corso di ben quattro Mondiali.
La stampa e la critica sportiva devono rendere omaggio a questo campione, finora mai abbastanza celebrato. Abituati a inseguire i respiri di Messi o di Cristiano Ronaldo, i riccioli di David Luiz o la crestina di Neymar, dovrebbe esserci spazio per un esame di coscienza. Per non parlare della stampa italiana (Klose gioca da tre anni nella Lazio) più attenta alle fidanzate di Balotelli, il meno campione tra i campioni, che ai gol del centravanti tedesco.
Che poi non è nemmeno tanto tedesco. Klose – forse pochi lo sanno – è polacco di Opole, città dove è cresciuto per emigrare presto in Germania, il paese che lo ha naturalizzato e di cui incarna a perfezione la filosofia: molti fatti e poche parole, una concretezza con pochi paragoni se ancora a 36 anni è capace di essere titolare e leader della nazionale che potrebbe vincere il Mondiale dopo averlo sfiorato nelle ultime tre edizioni. Ed è quasi imbarazzante vederlo a fine partita, parlare come se non fosse successo niente di speciale. Quasi quasi ti convinci che è la Germania ad avere perso.
Un predestinato, considerato che il padre Josef è stato calciatore professionista e la madre Barbara (guarda un po’) portiere della nazionale polacca di pallamano: una che i gol li parava ha saputo allevare uno che i gol li sa fare. Un predestinato, Miro, considerato anche che il suo primo gol in Nazionale lo ha segnato nel giorno del debutto, all’ultimo minuto, per poi replicare pochi giorni dopo, nel giorno della sua seconda presenza. C’è poi anche il tocco di scaramanzia che non guasta mai: quando segna lui la Germania non perde.
I numeri di Klose sono pazzeschi: quattro Mondiali da protagonista (Corea, Germania, SudAfrica e Brasile), 16 gol, una medaglia d’argento (in Corea), due bronzi (Germania e Sud Africa) un argento (Austria-Svizzera) e un bronzo (Polonia-Ucraina) agli Europei, 136 partite in nazionale (solo Matthaus più di lui) e 71 gol (più di mezzo a partita).
Klose è anche uno dei tre giocatori (gli altri sono Pelè e Seeler) ad avere segnato almeno un gol in quattro mondiali diversi. E ancora. 181 gol tra serie A tedesca e italiana, squadre di assoluto prestigio come Bayern Monaco, Werder Brema e Kaiserslautern (oltre alla Lazio), due scudetti, numerose coppe nazionali, quasi 600 partite ufficiali. Può bastare?