Quattro persone sono indagate per l’omicidio di Pietro Sarchiè, il commerciante di pesce di San Benedetto del Tronto di 62 anni scomparso il 18 giugno e ritrovato cadavere nelle campagne di San Severino Marche, con un colpo di pistola alla nuca e semi-carbonizzato.
Ieri le indagini, condotte dai carabinieri del Reparto operativo di Macerata, avevano avuto un’accelerazione, con il sequestro di un capannone industriale a Castelraimondo. Si è intanto conclusa l’autopsia sul corpo del commerciante: sarebbe stato raggiunto da più colpi d’arma da fuoco.
Due dei quattro indagati sarebbero quarantenni di origini siciliane ma residenti nel Maceratese. Uno è accusato di omicidio e distruzione di cadavere, l’altro di favoreggiamento e distruzione di cadavere. L’autopsia ha confermato che Sarchiè è stato raggiunto da 6-7 colpi di pistola, concentrati per lo più nella spalla sinistra ed esplosi da dietro, forse mentre il commerciante cercava di fuggire. Quello mortale è stato esploso alla testa con le modalità di una vera e propria esecuzione.
Coinvolta nell’inchiesta anche una coppia, marito e moglie, che risulta indagata nell’inchiesta della Procura di Macerata. I due sarebbero indagati per concorso nell’occultamento del cadavere, mentre una quarta persona è indagata per favoreggiamento. Tutti sono originari di Catania o della provincia. L’uomo sospettato di essere l’esecutore materiale del delitto sarebbe un imprenditore edile che però, abusivamente, commerciava pesce. Potrebbe essere stato proprio un problema legato al controllo del mercato locale, dove Sarchiè aveva clienti da decenni, il movente del delitto. A breve, stando a indiscrezioni che trapelano dalla Procura, dovrebbero essere emessi decreti di fermo.
Giuseppe Farina, 40 anni, di Catania, sarebbe l’uomo indagato per l’omicidio di Pietro Sarchiè, il commerciante di pesce di San Benedetto del Tronto ucciso a colpi di pistola e dato alle fiamme a San Severino Marche (Macerata). L’altro indagato è Santo Seminara, marito della titolare di una delle due ditte edili che condividono un capannone a Castelraimondo, posto ieri sotto sequestro dai carabinieri dopo il ritrovamento al suo interno di parti del furgone della vittima, che non è stato ancora trovato.
Nel capannone sarebbero state trovate anche tracce di sangue, mentre altri pezzi del mezzo erano sparsi all’esterno. Degli altri due indagati, moglie e marito, non trapelano i nomi. Si sa che nella loro abitazione, in una stufa, è stata rinvenuta la parte metallica di un furgone che potrebbe essere quello di Sarchiè. Tutto lascia pensare, insomma, che ci sia stato un tentativo di smontare l’automezzo disperdendone i pezzi per impedire il ritrovamento e rallentare le indagini. Farina, ufficialmente, risulta titolare di una ditta edile, ma in realtà vende il pesce, con un bancone a Pioraco, nella zona dove Sarchiè aveva la sua clientela. Gli indagati avrebbero già reso dichiarazioni spontanee, dicendosi totalmente estranei al delitto.