Non avevamo mai visto nulla del genere. Cinque gol al passivo nei primi 29 minuti – in una semifinale Mondiale, quattro dei quali nel giro di sei minuti, per di più davanti al pubblico di casa – entrano nella storia di questo sport. E non parliamo del Lussemburgo o della Corea del Sud, con tutto il rispetto. Si tratta del Brasile, l’emblema del calcio, la storia di questo sport, la Nazionale che più di tutti – cinque volte – ha vinto questo torneo.
Non ce ne voglia questa meravigliosa e impagabile Germania, specchio fedele della sua tradizione ma la copertina non può che essere dedicata al Brasile. Il suo tonfo clamoroso può apparire un insulto alle leggi di questo sport ma è la inevitabile conseguenza di una squadra mai all’altezza, arrivata in semifinale con un po’ di fortuna e altrettanta casualità. E’ stata una lezione di calcio ma forse anche una lezione di vita. E non è un caso che questa lezione venga dalla Germania che è l’unica squadra ad essere arrivata almeno in semifinale in quattro Mondiali consecutivi (dal 2002 a oggi) e che nella sua storia ha centrato il podio 12 volte (compreso questa) come mai nessuno.
Non può bastare l’assenza di Neymar e Thiago Silva a giustificare la sconfitta più severa della storia di una semifinale Mondiale. Se il tuo centravanti si chiama Fred (potrebbe essere una riserva nel Chievo), se Dante (non il poeta) è la prima alternativa della difesa, se Hulk, Marcelo o Maicon pensano di poter giocare da soli è finita. Ed è finita come in tanti avevano previsto, senza gloria: non era una squadra che poteva vincere niente ed era chiaro già all’inizio.
E’ difficile raccontare una partita così, giocata come neanche sui campetti di scuola dove tutti si buttano all’attacco dimenticando le più elementari regole di questo sport. E buttando nello sconforto un Paese che aveva sognato, al di là di ogni aderenza alla realtà. E Scolari, l’allenatore, non è meno immune da colpe. Inutile dire che il suo incarico è già scaduto alla mezz’ora del primo tempo e chissà quanti mesi – direi anni – ci vorranno per metabolizzare questa sconfitta. Ancora oggi i nonni raccontano ai nipoti della sconfitta che il Brasile ha subito dall’Uruguay nella finale del 1950 giocata proprio in Brasile. Questa partita darà lo spunto per libri, documentari e leggende che resteranno attuali – con ogni probabilità – per almeno altri cento anni.
La Germania di Low è stata fantastica. Solidità, compattezza, spirito di gruppo e stavolta anche linearità di gioco hanno permesso di chiudere la gara nei modi e nei tempi giusti. Il Brasile è esistito soltanto per cinque minuti, i primi, nei quali la squadra carioca ha scaricato l’adrenalina accumulata nei preliminari, cercando il gol immediato. La Germania ha aspettato il momento propizio che è arrivato all’11’ su calcio d’angolo: un semplice blocco ha mandato in tilt David Luiz e Dante, Muller ha segnato con una semplicità imbarazzante.
Appena il tempo di riprendere il gioco e si capisce che il Brasile è suonato come un pugile e che la Germania ha la possibilità di chiuderla subito. E non si fa pregare. Nei sei minuti più bui della storia del calcio brasiliano – tra il 23′ e il 29′ – arrivano i gol di Klose, Kroos (doppietta) e Khedira. Fine della partita. Nel pugilato esiste la possibilità che il tuo “angolo” ti salvi dal massacro buttando l’asciugamano sul ring in segno di resa. Qui no. La Germania dimostra il giusto rispetto, gioca con il freno a mano tirato per non mortificare oltremodo il Brasile ma fare “l’elemosina” non è nel suo dna. E così il resto del primo tempo si trasforma in una “divertente” partita di allenamento. O se preferite, una barzelletta.
Si continua a giocare in un clima surreale. Come surreale è l’avvio del secondo tempo, con la Germania che sembra disinteressarsi della partita e il Brasile che nei primi otto minuti ha almeno tre palle gol pulite ma si imbatte in un portiere, Neuer, insuperabile. Si potrebbero vedere altri dieci gol almeno. Esattamente come accade in una partitella d’allenamento del giovedì, dove si cercano gli schemi ma si evitano i contrasti duri. Il sesto e il settimo gol li segna Schurrle (entrato nella ripresa) al 23′ e al 34′, il Brasile segna con Oscar allo scadere il gol della bandiera (un po’ regalato) ma ormai la testa è già altrove da un pezzo: la Germania è proiettata verso la finale di domenica, il Brasile è già dentro una via crucis che durerà a lungo. La stampa si è già scatenata online, per i “protagonisti” la condanna sarà il pubblico ludibrio a vita.
Due citazioni. La prima: Klose ha segnato il suo sedicesimo gol in un Mondiale (ne ha giocati ben quattro) ed è adesso il giocatore che ha segnato più di tutti nella massima competizione calcistica: un record che durerà a lungo e che premia un giocatore sempre umile e mai in copertina. La seconda: per arbitrare questa semifinale hanno designato Rodriguez, quello di Italia Uruguay che non ha visto il morso di Suarez e ha sbagliato tutto quello che c’era da sbagliare. In questa gara ha arbitrato complessivamente bene ma la sua designazione è uno delle poche cose sbagliate di un Mondiale che comunque andrà a finire dovrà essere ricordato come una competizione spettacolare per numero di gol, fair play e sportività.
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