Le sezioni riunite della Corte dei Conti hanno giudicato regolare il rendiconto 2013 della Regione siciliana, accogliendo tuttavia i rilievi sollevati dal pg Diana Calaciura nella sua relazione in merito a due capitoli relativi alle entrate e ad alcuni aspetti tecnici del conto patrimoniale. Dal giudizio di regolarità sono stati escluse entrate per oltre 430 milioni, sarà adesso il governo Crocetta a dover trovare una soluzione già con la manovra ter.
Come sempre, nel corso della relazione annuale, i numeri esposti sono piuttosto critici. Ci sono – in qualche caso – segnali di miglioramento ma complessivamente la situazione siciliana resta drammatica sotto il profilo del debito, e anche del personale che sostanzialmente non è diminuito: meno assunzioni ma molte stabilizzazioni di precari. E anche sul fronte della sanità ci sono evidenti bacchettata per alcune misure assunte dal Governo e giudicate incoerenti, visto che 14 aziende sanitarie hanno chiuso in passivo.
Al 31 dicembre 2013 il debito complessivo della Regione siciliana era di 5.394 milioni di euro (5.143 a proprio carico e 251 da rimborsare allo Stato). Il dato emerge dalla relazione della Corte dei conti per il giudizio di parifica del consuntivo 2013.
Un dato in calo rispetto al 2012 (allora il debito era di 5.683 milioni) ma che non autorizza nessun ottimismo. È la stessa Corte dei Conti a spiegare perché. “Il miglioramento della situazione debitoria è solo apparente e di natura contingente, in quanto conseguenza del disallineamento tra l’accensione di due nuovi prestiti per 373 milioni stipulati con la Cassa depositi e prestiti nel 2013, la cui erogazione è stata rinviata al 2014 con ammortamento a partire dal 2015”.
La Corte dei Conti richiama quindi la Regione a introdurre limiti più rigorosi all’indebitamento e ad attivare il sistema di controlli interno annunciato ma mai partito. Il quadro resta quindi “molto contrastato”.
Tanti i dati, anche contrastanti e non sempre di facile “lettura politica”, contenuti nell’ampia relazione annuale. Positiva la tendenza al ricorso al mercato finanziario, passato da 3.155 a 903 milioni. Negativo invece, ma in recupero, il saldo tra entrate e spese correnti: meno 248 milioni. Il miglioramento dei saldi in conto competenza viene in parte ricondotto “alle politiche di razionalizzazione della spesa intraprese dall’amministrazione regionale in alcuni settori, all’incremento sensibile del livello complessivo delle entrate, ma anche dagli effetti dei vincoli imposti dal patto di stabilità”.
Viene segnalata anche una “diminuzione” della spesa per il personale.
Altro capitolo”spinoso” è quello relativo alla Sanità. Secondo la Corte dei Conti “pur prendendo atto che il sistema sanitario in Sicilia ha chiuso il 2013 con un avanzo di 14,5 milioni, occorre tuttavia mantenere alta l’attenzione sulla permanenza di situazioni di deficit strutturale, considerato che le perdite effettive superano quelle negoziate”.
I giudici sottolineano che “delle 18 aziende che operano nel settore sanitario, ben 14 chiudono con un risultato negativo e, su quest’ultime, 10 realizzano anche un peggioramento rispetto alla negoziazione”. E bacchettano la “prassi dei trasferimenti regionali a fine esercizio al fine di riportare in equilibrio alcune gestioni aziendali”, perché ritengono che “non dia adeguato evidenza ai risultati effettivamente raggiunti, rendendo, peraltro, opaca la comprensione dei meccanismi in base ai quali i fondi regionali vengono ripartiti tra le diverse aziende”.
La Corte dei Conti segnala un ‘buco’ di quasi 100 milioni per la sanità in Sicilia, poiché “nell’esercizio 2013 il fabbisogno del settore è risultato superiore rispetto agli stanziamenti del bilancio e analoga situazione si profila in relazione al corrente esercizio”. Per i giudici contabili, che stamani hanno parificato il consuntivo 2013 della Regione siciliana pur con qualche rilievo, mancano 97,796 milioni, ciò “produce una situazione di estrema gravità”.
Non solo, la Corte critica la scelta del governo regionale fatta nella manovra correttiva di destinare alla spesa per i forestali e al fondo perequativo comunale “parte del risparmio di spesa conseguente all’accertamento del risultato di gestione del servizio sanitario regionale per l’anno 2013, nella misura di 100 milioni”. Sebbene la verifica del risultato di gestione sia al vaglio dei tavoli ministeriali, secondo la Corte “l’operazione presenta elementi di incoerenza” poiché i 100 milioni relativi al risultato di gestione dovevano essere destinati “a coprire il disallineamento tra la maggiore spesa sanitaria degli esercizi 2013 e 2014 e i minori stanziamenti di bilancio”.
“Né a coprire tali disallineamenti – scrivono i giudici – appare risolutiva l’utilizzazione, disposta con due decreti del Ragioniere generale della Regione”, per 189 milioni, “corrispondenti ai maggiori gettiti accertabili nel solo esercizio 2014 per effetto della modifica del sistema di contabilizzazione delle maggiorazioni dell’aliquota Irap e dell’addizionale Irpef”.
Sul tema della sanità c’è poi una polemica tra l’assessore regionale Lucia Borsellino e la Corte a proposito del dato dei contratti a tempo determinato che secondo la Corte sono aumentati. “Abbiamo rispettato il tetto di spesa per il personale della sanità, come certificato a livello ministeriale. Avendo i conti in equilibrio rispetto al passato, il ministero dell’Economia ci ha comunicato che non eravamo più obbligati al blocco del turnover, per cui abbiamo fatto ricorso a contratti a tempo determinato nel 2013 e in parte anche quest’anno per garantire i livelli essenziali di assistenza (Lea). Non appena concludiamo con la rete ospedaliera (e siamo ai dettagli) andremo a definire le dotazioni organiche per procedere con le assunzioni”.
Capitolo assunzioni e personale. La Regione siciliana non assume ma stabilizza personale precario. E’ per questo che il numero dei dipendenti resta ancora alto. L’andamento controverso delle politiche sul personale viene segnalato sia nella relazione del procuratore generale Diana Calaciura sia nella relazione della Corte dei conti per il giudizio di parifica del rendiconto regionale del 2013.
I dipendenti regionali sono 17.538, meno 162 rispetto al 2012, mentre i pensionati sono 16.249. La Regione, è vero, non assume più da qualche anno ma stranamente non c’è stata una diminuzione significativa del personale che anzi, ha sottolineato il pg, “è andato via via aumentando di numero”. La spiegazione è semplice: “Le ordinarie procedure concorsuali sono state sostituite da complessi percorsi di stabilizzazione, a vario titolo, di personale precario”.
Riconosciuta la forte spinta del disagio sociale a causa dell’incapacità del tessuto produttivo di assorbire lavoratori, resta la centralità della Regione come datore di lavoro. Ma c’è un’altra spiegazione: per via dell’autonomia alla Regione sono assegnate anche funzioni svolte in via ordinaria dallo Stato. Alla rigidità degli organici corrisponde poi un rapporto troppo basso tra dirigenti e impiegati: c’è un dirigente ogni 8,6 dipendenti, il più alto nella pubblica amministrazione. Nelle altre regioni, per esempio, il rapporto è più del doppio: uno a 19,17 in quelle a statuto speciale e uno a 16,58 nelle altre. La spesa per i dipendenti resta sempre alta (954 milioni, 1597 con i pensionati), anche se registra una diminuzione del 2 per cento per effetto del contenimento del trattamento contrattuale.
Comuni siciliani “soffocati”. I comuni siciliani sono soffocati dai debiti, dalle spese e dai ridotti trasferimenti di fondi statali e regionali. E’ disastroso il quadro della finanza locale che emerge dalla relazione della Corte dei conti per il giudizio di parifica della Regione. Il peggioramento dei conti è determinato da queste cause ma anche dalle “esigue capacità” dei comuni di compensare la riduzione dei trasferimenti con il “prelievo dai territori” e con interventi di natura strutturale.
Pesano molto i debiti fuori bilancio riconosciuti (100 milioni nel 2012) e quelli da riconoscere, saliti a 432 milioni, nonché l’incremento di azioni esecutive con forte aggravio di spese che indicano un “diffuso stato di sofferenza”. Come se non bastasse, i comuni sono obbligati a coprire le spese del servizio di igiene ambientale per le carenze di liquidità degli Ato. Un solo dato basta a descrivere la situazione: al 3 luglio 2012 gli Ato avevano debiti per 781 milioni. Le difficoltà della finanza locale sono tali e tante che molti comuni hanno avviato le procedure di riequilibrio per evitare il dissesto ma quattro non ci sono riusciti.
Il procuratore generale della Corte dei Conti, Diana Calaciura, nella sua relazione parla anche del fenomeno della corruzione che “non si configura solo con un diretto passaggio di denaro”. C’è corruzione anche quando vengono assegnati “incarichi superflui” e quando vengono fatte “assunzioni clientelari di personale senza concorso”.
Secondo il pg, la corruzione “può manifestarsi in occasione della creazione di società partecipate che, come le matrioske russe, a loro volta ne comprendono altre e sono occasione per nominare consigli di amministrazione e collegi di revisione e per assumere dipendenti al di fuori delle procedure pubbliche concorsuali”.