Il diritto alla salute ha un prezzo? La risposta spontanea a questa domanda – semplice soltanto in apparenza – è no, la salute non ha prezzo. Ma la sanità sì, però, la sanità ha dei costi. Costi che gravano sulle spalle di tutti, sulle spalle dei cittadini di un paese che ancora oggi, da almeno cinque anni, si ritrova ad affrontare una crisi economica che rende sempre più difficile sostenere il peso della tassazione pubblica. Un tema delicato – e ogni anno il Sistema sanitario nazionale lotta per difendere il proprio budget sempre più insufficiente – che si ripropone prepotentemente oggi, dopo che il Tribunale di Palermo ha emesso una sentenza che farà discutere.
Al centro del dibattito il caso di una bambina di meno di un anno, figlia di mamma italiana e papà americano, affetta da una gravissima e rarissima malattia, la Epidermolisi bollosa distrofica recessiva. La forma di malattia di cui soffre la piccola McCann, questo il cognome del padre, è tra le più gravi, paragonabile soltanto ad altri 26 casi nel mondo. Questa malattia provoca lesioni, bolle, ulcere e lacerazioni della pelle e dei tessuti e, quando arriva ad interessare anche trachea ed esofago, come nel caso in questione, rischia anche di portare alla morte per soffocamento, tra dolori lancinanti e sofferenze indescrivibili.
In Italia non esistono cure per questa malattia. I genitori della piccola sono stati anche a Roma, all’Istituto dermopatico dell’Immacolata – l’unico che nel nostro paese si occupa di questa malattia – ma le cure previste non sono adeguate. La coppia, dunque, si è rivolta all’Asp di Palermo per chiedere il contributo per l’assistenza sanitaria all’estero. L’obiettivo era quello di portare la figlia negli Stati Uniti, al Bone Marrow Transplation Center dell’università di Minneapolis, dove il medico Jacob Tolar sta sperimentando una nuova cura, ancora in fase sperimentale, basata sul trapianto delle cellule staminali (tecnica non ammessa in Italia).
Secondo la procedura, per ricevere il finanziamento, il caso deve avere il via libera della Commissione sanitaria regionale. Via libera che, però, non è arrivato. Secondo gli esperti della Regione siciliana, infatti, “i precedenti studi pilota hanno dato risultati moderati e ad alta mortalità e i risultati sono ancora troppo sperimentali”. Oltre al fatto che la cura avrebbe un costo per le casse regionali di oltre un milione di euro, tra costi della cura e trasferte. Una batosta per la famiglia McCann. Ma gli avvocati della famiglia, Raffaella Sara Russo e Marco Mazzamuto, non si sono arresi e hanno sporto denuncia contro il parere amministrativo al Tribunale di Palermo.
E hanno vinto. Il giudice, Enrico Catanzaro, ha stabilito che la Regione deve pagare, l’Asp deve concedere il finanziamento e versare al più presto un acconto all’Università di Minneapolis. “Sarebbe incostituzionale – ha stabilito – qualsiasi norma che stabilisse tetti percentuali per imborsi o anticipazioni a carico dello Stato o del servizio sanitario pubblico”. La bambina avrebbe diritto al contributo perchè “verosimilmente esiste una apprezzabile chance di successo“. Negli Usa, secondo le scarne statistiche attualmente disponibili, il trapianto di staminali facilita la produzione di collagene e ha ridotto del 50 percento le lesioni nella metà dei pazienti e la mortalità è stata ridotta almeno del 50 percento.
Tutto è bene quel che finisce bene per la piccola McCann? Per loro sì, ma il caso rischia di diventare un precedente di peso nei delicati rapporti tra sanità pubblica e giustizia. Come nel caso del metodo Stamina, di Davide Vannoni, non autorizzato dal Ministero della Salute, ma per cui molti tribunali in Italia hanno imposto di riprendere le cure sui pazienti. La Sanità pubblica, garanzia di accesso paritario per tutti i cittadini in Italia, ha dei costi. E le Asp hanno dei budget, non soltanto molto limitati, ma anche molto precisi e dettagliati. Misure necessarie per evitare inutili sprechi e per garantire a tutti gli stessi diritti.