In isolamento nel carcere di Gleno, Massimo Giuseppe Bossetti raccoglie minacce e insulti dagli altri detenuti. “Infame, la pagherai, ammazzati”, queste le parole che il presunto assassino di Yara ha riferito al sacerdote della struttura. Bossetti continua a proclamare la sua innocenza e spiega di temere non tanto per la sua vita, quanto per quella della sua famiglia e in particolar modo della madre Ester.
Ma a difendere Bossetti sembra essere rimasta la famiglia. Prima tra tutti la moglie, Marita Comi, che ha raccontato agli inquirenti di non ricordare quella sera del 2010, il 26 novembre, quando fu uccisa Yara. Secondo la Comi si sarebbe trattato di una sera come tante altre, una di quelle sere, racconta la moglie di Bossetti, in cui, come spesso accadeva, il marito rimaneva a casa. Secondo il racconto della donna, Massimo Bossetti rincasava presto e dopo la televisione si ritirava in camera da letto molto presto.
“Credo che si possa tranquillamente andare a giudizio immediato”. Una frase che non lascia dubbi, su una effettiva certezza degli inquirenti in merito ai fatti del caso Yara, pronunciata dal procuratore di Bergamo, Francesco Dettori. “La decisione di richiederlo spetta al pm Ruggeri, ma ritengo di sì, che si possa fare il giudizio immediato. Dopo tanti anni, se si riesce ad arrivare a un giudizio dibattimentale – aggiunge – il più rapido possibile significa anche dare un giusto conto del funzionamento della macchina della giustizia”.
Massimo Giuseppe Bossetti è ”determinato a dimostrare la propria innocenza”. Lo ha spiegato il suo legale, Claudio Salvagni, al termine del colloquio avuto in carcere con il muratore arrestato per l’omicidio di Yara Gambirasio. “Ha detto cose che mi hanno convinto della sua innocenza”, ha aggiunto l’avvocato che ha affiancato la collega Silvia Gazzetti nella difesa dell’uomo, 44 anni, in cella nel carcere di Bergamo da lunedì della scorsa settimana.