Una vasta operazione antimafia denominata “Apocalisse” a Palermo: Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza hanno eseguito 95 provvedimenti restrittivi nei confronti di “uomini d’onore” dei mandamenti mafiosi di Resuttana e San Lorenzo, accusati di associazione mafiosa, estorsione e altri reati.
Su 95 ordinanze di custodia cautelare firmate dal Gip mancano all’appello solo due presunti esponenti della cosca di Tommaso Natale e San Lorenzo per i quali la Dda ha chiesto il provvedimento restrittivo. Al momento gli arrestati sono dunque 93, mentre due persone risultano latitanti. Le indagini hanno consentito di azzerare il mandamento un tempo guidato dai boss Sandro e Salvatore Lo Piccolo e successivamente diretto da Giuseppe Liga, detto l’architetto.
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In particolare dei 95 indagati, 78 sono destinatari di ordinanza di custodia cautelare in carcere, 13 agli arresti domiciliari, due di obbligo di dimora, uno di divieto di dimora e uno di obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria. Due delle persone colpite da ordine di custodia cautelare risultano latitanti.
Le accuse contestate, a vario titolo, sono associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro proveniente da delitto, illecita concorrenza con violenza o minaccia, detenzione illegale di armi e munizioni e reati di natura elettorale. Nell’ambito della stessa operazione gli investigatori stanno eseguendo otto provvedimenti di sequestro preventivo di imprese, intestate a prestanome, ma riconducibili ad elementi di spicco di Cosa Nostra.
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Nel corso delle indagini sarebbe emerso ridimensionamento ulteriore dei Lo Piccolo a vantaggio della cosca di Porta Nuova. Giuseppe Fricano, anche lui finito in manette, ritenuto dagli investigatori da sempre vicino alla famiglia Madonia, si sarebbe infatti avvicinato al clan di Porta Nuova. Questa circostanza, secondo gli investigatori, testimonierebbe la volontà di riunire le forze da parte della mafia, per cercare di serrare le file dopo i gravi colpi inferti dalla forze dell’ordine e imporre una nuova leadership in tutta la città.
Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, hanno consentito di ricostruire il nuovo organigramma dello storico mandamento mafioso alla periferia occidentale della città. Gli investigatori hanno individuato capi e gregari, accertando numerose estorsioni praticate in modo capillare e soffocante da cosa nostra ai danni di imprese edili ed attività commerciali del territorio e riscontrando un diffuso condizionamento illecito dell’economia locale.
Nel corso dell’operazione sono stati inoltre sequestrati complessi aziendali per svariati milioni di euro. A capo del mandamento di Tommaso Natale e Resuttana secondo le indagini c’era lui: Girolamo Biondino, fratello di Salvatore, l’autista di Totò Riina. Era da poco stato scarcerato ed era tornato a comandare il clan. Per cercare di non finire di nuovo in carcere, Biondino faceva il pensionato. Girava in autobus e non si faceva vedere in giro con altri uomini d’onore. Secondo gli investigatori era lui a tenere le fila e imporre il pizzo a tappeto nel mandamento.
Gregorio Palazzotto, titolare di una ditta di traslochi, secondo gli investigatori sarebbe il capo della cosca dell’Arenella. Palazzotto si trova in carcere, ma aveva aperto un profilo Facebook da dove insultava i pentiti. “Non ho paura delle manette, ma di chi per aprirle si mette a cantare”. Attraverso la pagina sui social faceva rivendicazioni contro il sovraffollamento delle carceri e chiedeva l’amnistia.
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Fu un raid contro l’ex collaboratore di giustizia Raimondo Gagliano, che aveva deciso di ritornare a Palermo. I killer di Cosa Nostra nei mesi scorsi spararono contro il portone di casa allo Zen. Per miracolo si salvò, ma rifiutò il programma di protezione. Adesso su disposizione delle procura gli è stato notificato un nuovo ordine in carcere nel corso dell’operazione Apocalisse che al momento ha portato in carcere 93 su 95 presunti uomini d’onore. L’11 aprile scorso era già finito in cella per due rapine insieme ad un altro collaboratore di giustizia Francesco Lo Nardo. I due avevano messo a segno due colpi: uno nei pressi di una sala giochi in via Porta di Castro, il secondo con le stesse modalità nel bar pasticceria Castello in via Einaudi.
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Anche da Mestre dove era finito al soggiorno obbligato Vito Galatolo controllava i suoi affari in Sicilia. Dopo le indagini e i sequestri nel porto di Palermo le società erano state spostate a nord Italia tra Monfalcone e La Spezia. Galatolo amava il pesce e i suoi ‘picciotti’, secondo i magistrati, insieme alle cassette di triglie e orate gli portavano i conti del pizzo e degli affari. A svelare i retroscena il nipote Angelo Fontana adesso collaboratore di giustizia. Anche Galatolo è finito nell’inchiesta Apocalisse che oggi ha sgominato il clan di Tommaso Natale e San Lorenzo.