Una banda che, dal 2010, avrebbe fatto arrivare in Italia – soprattutto dal Pakistan, dove si trova un funzionario dell’ambasciata italiana che è indagato, e dall’India – decine di persone con permessi di soggiorno rilasciati grazie a contratti di lavoro fittizi, è stata sgominata dalla Polizia che stamani, all’alba, ha arrestato cinque persone, fra le quali un imprenditore di Pietragalla (Potenza), nell’ambito dell’operazione denominata “Good news”.
La ”base” dell’organizzazione – che garantiva agli imprenditori compiacenti circa cinquemila euro a permesso di soggiorno – era a Piacenza, ma aveva diramazioni in molte province italiane. In pratica, i datori di lavoro, ricompensati, erano disposti a fare i contratti di lavoro: la banda riceveva dal Pakistan e dall’India, via mail o fax, i nominativi delle persone in arrivo. Il permesso di soggiorno, inviato nel Paese asiatico, permetteva all’immigrato di ottenere il visto dall’ambasciata italiana e quindi di partire.
Arrivato in Italia, il contratto di lavoro dell’immigrato era rescisso e lui era libero di rimanere qui o andare in un altro Paese europeo. Quando l’inchiesta (coordinata dal Servizio centrale operativo della Polizia) è cominciata, gli investigatori, anche in provincia di Potenza – dove la squadra mobile e altri reparti della Polizia hanno fatto stamani decine di perquisizioni – hanno avviato alcuni controlli sulle procedure seguite dagli imprenditori. Il loro ”nervosismo” e i loro contatti con i capi dell’organizzazione, a Piacenza, hanno fornito utili elementi di indagine.
Oltre alla squadra mobile di Piacenza (la Polizia ha eseguito stamani nella città dell’Emilia-Romagna tre ordinanze di custodia cautelare e 47 perquisizioni), hanno collaborato alle indagini lo Sco della Polizia e le questure di Lodi, Brescia, Verona, Mantova, Prato, Rieti, Potenza e Foggia.
Dal 2010 al 2012 sono centinaia gli stranieri, soprattutto pakistani, giunti in Italia irregolarmente, con ‘guadagni’, per chi ne favorisce l’ingresso, pari a circa dieci milioni di euro. Durante le indagini sono state sequestrate un’attività commerciale e un’automobile intestate ad un pakistano considerato ”tra i principali promotori dell’organizzazione”.