Dal padre, e poi dalla madre, aveva ereditato l’azienda, la Agesp spa. Ma assieme alla società, operativa nel campo dei rifiuti, Gregory Bongiorno s’era portato dietro anche un pesante fardello: il pagamento del pizzo. Lo scorso anno Bongiorno ha denunciato i suoi estorsori e sotto processo, davanti al gup Giangaspare Camerini, sono finiti Mariano Asaro, ritenuto dagli inquirenti esponente di spicco di Cosa nostra del Trapanese, Gaspare Mulè, e Fausto Pennolino.
Il gup ha condannato a 8 anni e 10 mesi Mulè (che in continuazione con una precedente condanna ha avuto 11 anni e 10 mesi), a 3 anni e 8 mesi Asaro (18 anni e 8 mesi in continuazione con una precedente condanna), e a 6 anni e 8 mesi Pennolino (8 anni e 10 mesi in continuazione). Tutti accusati di estorsione e tentata estorsione aggravate dalla modalità mafiosa.
Dopo aver preso in mano l’azienda in seguito alla morte della madre, l’imprenditore, nel 2005, avrebbe consegnato 10 mila euro a Mulè, che si era presentato quale rappresentante dei boss. Le pressioni estorsive sarebbero andate avanti fino ad aprile 2007. Poi un lungo periodo di pausa, poiché i suoi estorsori vengono arrestati e condannati per il loro organico inserimento nell’associazione mafiosa. Cinque mesi dopo avviene la svolta in Confindustria, con l’adozione del nuovo Codice etico: fuori dall’associazione gli imprenditori che non denunciano. Bongiorno porta avanti l’attività fino a quando la mafia, l’anno scorso, ribussa ai cancelli della sua azienda. Pretende il pagamento degli arretrati: 60 mila euro, maturati, secondo la cosca, dal 2007 a oggi. Bongiorno, da un anno alla guida degli industriali trapanesi, decide di denunciare gli estorsori.
“Le condanne inflitte oggi dimostrano a tutti, ancora una volta, che il collega Gregory Bongiorno, che lo scorso anno ha denunciato i suoi estorsori, ha fatto bene a fidarsi dello Stato e a rivolgersi a forze dell’ordine e magistratura. Imprenditori e commercianti prendano atto che cambiare rispetto al condizionamento mafioso si può, e la via del cambiamento è la denuncia, senza se e senza ma. Al contempo i mafiosi devono rassegnarsi e prendere consapevolezza che alle loro richieste di pizzo e di minacce corrisponderà una denuncia, un processo e una condanna”. Così il vicepresidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, commenta la sentenza che ha portato a tre condanne.
“Gli estorsori – aggiunge Catanzaro – devono avere chiaro che gli imprenditori sono ormai consapevoli e attrezzati per reagire, certi della presenza che lo Stato rivolge agli operatori vittime di reato. Bongiorno, e quelli che come lui hanno scelto la strada della denuncia, sono un valore aggiunto per la ricerca della normalità, ossia la possibilità di produrre e competere senza condizionamenti alcuni. Un plauso particolare desidero rivolgerlo a magistratura e forze dell’ordine per la celerità encomiabile con la quale hanno agito”.