È stato ai margini del Parlamento per più di un anno. E zitto. Oggi decide di tornare in campo e di riorganizzare una destra che ‘non può essere rottamata’ perché nel Dna di questo ideale c’è proprio conservazione e tradizione. A BlogSicilia parla Gianfranco Fini che il prossimo 28 giugno presenzierà a un’assemblea pubblica rivolta a quegli elettori del centrodestra che negli ultimi due anni hanno scelto di altro o di non votare. Una lunga intervista dove non mancano i riferimenti alla Sicilia, la terra del 61 a zero, dove il centrodestra dividendosi cominciò a scricchiolare.
Presidente Fini, abbiamo letto che ha scelto di tornare in campo, ma come sono stati questi mesi senza politica attiva?
“Semmai senza il Parlamento. Attraverso l’associazione che ho costituito, ‘Liberadestra’, e le innumerevoli presentazioni del libro che ho scritto, ‘Il Ventennio’, un contatto con la società e con la polis, la parola politica deriva da questo, c’è stato”.
Recentemente ha detto di tornare in politica con modalità diverse, quali?
“Il 28 giugno è convocata a Roma un’assemblea aperta, unico requisito siccome è un evento autofinanziato è quello di versare un obolo, ed è rivolta agli elettori del centrodestra, quegli elettori che purtroppo negli ultimi due anni in numero enorme non lo hanno scelto: ci sono 9 milioni di voti che non sono più nell’ambito del centrodestra. Il punto che credo significativo è ‘L’Italia che vorresti, le tue idee per la destra che non c’è’. Io farò un’introduzione indicando, senza polemiche, solo alcuni dei principi e dei programmi che la destra moderna o un centrodestra moderno devono presentare e poi ascolterò il parere di questa platea. Attenzione, però, il rientro in politica non si significa voler fare dei partiti, sono cosciente che siamo in una fase in cui serve un rinnovamento che è cosa diversa da rottamazione e non mi considero un uomo per tutte le stagioni. Spero di poter allenare una nuova squadra”.
Lei dice di non essere un uomo per tutte le stagioni, ma un sondaggio de Il Tempo la colloca ancora in testa al gradimento fra i vari leader del centrodestra che effetto le fa?
“Ovviamente mi ha fatto piacere, ma come onestamente ha scritto lo stesso giornale non è un sondaggio scientifico, è un piccolo test che è la riprova che forse il tempo è galantuomo. Ma è storia di ieri”
In un’intervista che ha rilasciato pochi giorni fa al Tg3 lei ha detto che il centrodestra è un po’ una torre di Babele, non è che questo stato di confusione è cominciato proprio qui in Sicilia, la regione del 61 a zero dove vi siete divisi?
“La Sicilia spesso ha anticipato, nel bene e nel male, dinamiche che poi si sono mosse a livello nazionale. Lei non ha torto quando dice che certamente alcuni sintomi della divisione interna al centrodestra, ma anche di una confusione di carattere programmatico, in Sicilia dovevano essere avvertiti qualche tempo fa. Vista dal Continente, la Sicilia, proprio perché è gelosa della sua autonomia che in passato ha anche dato vita a delle dispense politiche diverse rispetto a quelle nazionali, ha sempre goduto di una sorta libertà di azione. Mi spiego meglio: anche la nascita di movimenti fortemente autonomistici collegati o polemici col centrodestra rientra in questa fisiologia”.
E oggi dialogherebbe con uno come Nello Musumeci, col quale ebbe qualche frizione (uscì da An e fondò Alleanza Siciliana) che dall’opposizione a Crocetta cerca di ricostruire il percorso della destra?
“Proprio Nello lo conosco da una vita. Non è che abbia delle preclusioni al dialogo nei confronti di chiunque, anche perché si fa presto a verificare se un dialogo sia finalizzato a qualcosa oppure ad interessi di potere. Guardi, oggi nel centrodestra c’è chi vuole uscire dall’Euro e chi sta anche nel Partito popolare, chi sostiene il Governo Renzi e chi invece sta all’opposizione, chi condivide le riforme istituzionali del patto fra Berlusconi e Renzi e chi le avversa. Il dialogo nel nome dei programmi va fatto con tutti, ma poi bisogna capire se si ha una posizione o meno. Insomma nel centrodestra serve un comune denominatore”.
E con chi trovarlo?
“Le ripeto, i soggetti in campo oggi sono quattro: Forza Italia, Nuovo centrodestra, Fratelli d’Italia e la Lega che insieme, negli ultimi due anni, hanno perso nove milioni di voti. Io cerco di rovesciare lo schema del ragionamento, se iniziamo questo processo di ricostruzione, che è molto difficile, dalla coda cioè chi sono gli alleati, chi è il leader, rischiamo di non uscirne. Iniziamo, invece, dalla testa ovvero che vuole il centrodestra, quali sono i punti qualificanti, anche perché non si voterà domani e una volta definito il perimetro comune, i valori ed i programmi c’è tutto il tempo per affrontare la questione”.
Dopo l’assemblea di Roma sono previsti degli altri appuntamenti?
“Certamente, ma soprattutto la rete sta dando un contributo notevole e la cosa mi fa ricredere sulla efficacia dello strumento, diciamo così. Poi luglio e agosto sono mesi tradizionalmente complicati e da settembre ci sarà la replica in ogni regione”.
Stamani confidando a un trentenne di realizzare questa intervista, lui mi ha risposto: ‘pensa, da ragazzino avevo un poster nella mia stanza con il volto e la scritta di ‘Fini ti fidi’ e alle Europee non ho votato’. Che ne pensa?
“È l’interlocutore ideale nel senso che, purtroppo, come lui tantissimi non sono andati a votare e nel passato avevano votato destra e il centrodestra, il primo dovere che abbiamo è quello di chiederci perché ammettendo gli errori che abbiamo commesso, ma soprattutto cercando di capire le ragioni per le quali non si fida più. E secondo me, più che riferite a degli errori nei comportamenti, che sono umani, c’è scarsa possibilità di comprendere cosa vuol dire oggi essere di destra, che tipo di identità e di programmi porta avanti una forza di destra o che si definisce tale. In termini spicci: se lei comprasse del vino per come è fatta la bottiglia o l’etichetta cerca di sapere se il contenuto è buono…”.
Indro Montanelli, nel 1994, scrisse una frase che oggi potrebbe assomigliare a una profezia ‘con Berlusconi la parola destra diventerà impronunciabile per almeno 50 anni, per ragioni di decenza’, da giornalista quanto vede realizzata questa previsione fatta venti anni fa?
“Certamente l’idea della destra che Berlusconi voleva dare, quella della rivoluzione liberale, del grande cambiamento, purtroppo non si è tradotta in realtà. Ma quel che è peggio è che nel corso del tempo questa è diventata sinonimo di posizioni che per certi aspetti danno ragione alla profezia di Montanelli soprattutto per quello che riguarda il senso dello Stato, la necessità di comportamenti che siano in sintonia con i principi che si affermano. Troppe volte, poi, si è ceduto alla richieste della Lega, che in alcuni momenti, avevano minato perfino l’identità unica nazionale, che è un altro presupposto della destra. Tuttavia, non sono così catastrofista: è un’immagine, quella della destra per molti aspetti sfregiata, colpita, ma è un’immagine che può essere ricostituita partendo dalla idee e dai programmi e affidando il compito di farlo ai più giovani. Vede, noi non possiamo rottamare perché la destra è anche conservazione di una tradizione e non si butta alle ortiche una tradizione, un’esperienza, un vissuto, ma rinnovare certamente sì…”.