Cominciano a trapelare le prime indiscrezioni sulla riforma della Pubblica amministrazione in calendario al Consiglio dei ministri del prossimo 13 giugno. In particolare, a quanto si apprende, una norma prevede la possibilità per le amministrazioni pubbliche di esonerare dal servizio i dipendenti. Un meccanismo elaborato per razionalizzare le fila del pubblico impiego.
Sono online da oggi, sul sito del dipartimento della Funzione pubblica i primi esiti della consultazione pubblica lanciata il 30 aprile 2014 all’indirizzo: rivoluzione@governo.it. Nel mese di consultazione, sono arrivate 39.343 e-mail che hanno discusso puntualmente i 44 punti della riforma della pubblica amministrazione, contenuti nella lettera indirizzata dal presidente del Consiglio e dal ministro al ramo Marianna Madia ai dipendenti pubblici e ai cittadini.
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Come riporta il Messaggero, in pratica gli statali oggetto di questo provvedimento resteranno a casa continuando a incassare il 65 per cento del proprio stipendio oltre ai contributi. Rinunciando alla quota del 20-25 per cento della retribuzione, i lavoratori inclusi tra gli “esonerati” potranno quindi essere ricollocati, anche con orari ridotti, presso amministrazioni nel loro comune di residenza.
L’altro strumento per intervenire nel campo della riforma della P.A. è l’abolizione del “trattenimento in servizio”, ossia la possibilità di prorogare per due anni il lavoro nella Pa una volta maturati i requisiti previdenziali.
“Grazie al contributo e alle idee dei cittadini – conclude Madia – possiamo ora varare, all’appuntamento previsto del 13 giugno, una riforma migliore e ancora più incisiva”.
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ma quale sarebbe l' utilità di un simile provvedimento e quale il ritorno in termini economici ?
Va bene a patto che le PA che accedono a tale sistema abbiano una limitazione nelle assunzioni per un periodo da definire di tempo, poichè diversamente invece di risparmiare il 25% si avrebbe il paradosso di spendere il 65% in più; che servirebbe solo a sbloccare le assunzioni presso le PA, e quindi a finanziare il voto di scambio con i nostri soldi. Peggio di prima.