Per i genitori valeva appena 2mila euro, per la nuova famiglia, che nel 2008 l’aveva comprata in Kosovo, meritava solo di essere trattata come una schiava, costretta a fare le pulizie, presa a colpi di mazza, a calci, pugni e ripetutamente violentata dal fratellastro e dal patrigno, che le legavano mani e piedi.
L’anno di inferno trascorso in una casa di Bagheria (Pa) è stato rivissuto dalla vittima, che adesso ha 18 anni, nel suo racconto alla corte d’assise che processa la coppia che l’ha comprata, di etnia rom, per riduzione in schiavitù. L’uomo è accusato anche di violenza sessuale.
Questa mattina il pm Caterina Malagoli ha chiesto la condanna a 15 anni dell’uomo – Kamberi Sedat – e 12 della donna – Roberta Gashani-: entrambi in udienza hanno negato di avere tenuto prigioniera la ragazza in casa e di averla maltrattata e violentata. Anche gli abusi del “fratellastro” (processato dal tribunale dei minori) sarebbero da considerare, secondo i coniugi, dei normali rapporti tra fidanzati. Raccapricciante il racconto della ragazzina che quando fu venduta dai suoi veri genitori in Kosovo, aveva appena 13 anni.
Le difficoltà economiche, assieme alla malattia del fratellino, avrebbero costretto la famiglia a questo gesto. Poi la vittima ha viaggiato in auto fino a Bologna, per raggiungere Palermo in treno. A luglio del 2009, dopo oltre un anno di sevizie, la ragazzina è riuscita a fuggire, per rifugiarsi da una donna bagherese che l’ha portata dai carabinieri per la denuncia. Dopo le paure iniziali, la vittima, che adesso vive in comunità, ha raccontato tutto ai militari, ma alcuni buchi delle indagini hanno rallentato l’iter giudiziario.
Il gip, dovendo decidere sulla custodia cautelare del rom, ha rigettato pure l’ipotesi di riduzione in schiavitù disponendo i domiciliari per maltrattamenti sulla minore, assistita in giudizio dall’avvocato Monica Genovese.