Il trionfo del Partito democratico alle elezioni europee, merito soprattutto – è innegabile – della strategia d’attacco e del marketing firmato Matteo Renzi, rischia di far crollare il delicato equilibrio su cui si era assestato il Pd siciliano, dopo scontri, rimpasti di giunta e strette di mano a denti stretti.
A rischiare è soprattutto il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, formalmente iscritto al Partito democratico, ma inviso a molti maggiorenti della segreteria. “Se il Pd vuole le mie dimissioni le chieda. È in atto un tentativo di golpe da parte del segretario regionale del Pd (Fausto Raciti, n.d.r.) che vuole far commissariare la Regione per interessi personali. È evidente che vuole fare lui il presidente”. Queste le durissime parole del presidente della Regione, rilasciate il giorno dopo l’esultanza per la conquista di Bruxelles.
Lo scontro tra Crocetta e il Pd siciliano (frammentato in diverse correnti, tutte molto litigiose fra loro) ha radici lontane. Appena il tempo della luna di miele a fine 2012 e poi sono cominciate incomprensioni, liti e agguati d’aula che hanno di fatto ulteriormente bloccato la vita amministrativa già piuttosto lenta della Sicilia.
L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la sonora bocciatura alle urne della candidata Pd Michela Stancheris (guarda tutti gli eletti al Parlamento europeo), assessore al Turismo della attuale giunta, una candidatura fortemente voluta dallo stesso Crocetta, che aveva avuto la Stancheris come assistente al Parlamento europeo. La Stancheris è arrivata soltanto quinta mentre sono stati premiati con una messe di voti i candidati nominati da un’altra “corrente” del Pd. E il messaggio che illustri esponenti del Partito democratico hanno voluto far arrivare a Crocetta è questo: noi contiamo più di te.
Davide Faraone, il vero e proprio plenipotenziario di Renzi in Sicilia (è all’interno della sua segreteria nazionale), ha attaccato duramente Crocetta con parole chiare e messaggi precisi spingendosi perfino a dire che “sarebbe stato meglio in Sicilia un governo di centrodestra piuttosto che la linea seguita da Crocetta” e dando al presidente della Regione pochi giorni di tempo per avviare davvero il percorso delle riforme.
Crocetta non ci sta e ha risposto in una conferenza stampa: “Continua il golpe strisciante nel tentativo di scaricare su questo governo le responsabilità del passato. In particolare su di me, colpevole di che cosa non ho capito. Di mancate riforme? Vogliamo allora prevedere il voto confermativo per il presidente della Regione? Allora a quel punto possiamo anche andare al voto”.
Insomma, il dopo voto nel Pd siciliano è tutt’altro che festoso. La resa dei conti potrebbe arrivare presto, anche se è difficile ipotizzare che i deputati regionali “rinuncino” ad altri tre anni di legislatura (con relativi stipendi) per mandare a casa il governatore. Una circostanza, questa, che ha consentito in passato a Crocetta di governare in modo molto individualista, scavalcando o addirittura calpestando il dibattito interno al “suo” partito, arrivando perfino a dare vita a un movimento politico autonomo, il “Megafono” che ha fatto arrabbiare tanti esponenti del centrosinistra.
Crocetta dice di non aver paura: “Sono sempre stato solo, sono nato solo e morirò solo – ha detto. – Mia madre diceva ‘meglio solo che male accompagnato’. Io non ce l’ho il senso della solitudine, ci sono tanti siciliani al mio fianco”.