Quella che sembrava dovesse essere una guerra all’ultimo voto tra il Partito democratico di Matteo Renzi e il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo si è trasformata in una vittoria totale per il primo e in una sconfitta bruciante per il secondo. Renzi si è portato a casa un risultato che non si vedeva dai tempi della Dc degli anni settanta.
Bruciante non soltanto per il distacco percentuale tra i due – con il Pd che sfonda il 40 percento e doppia il M5S, fermo intorno al 2o percento – ma soprattutto perché l’arroganza con cui il leader dei grillini ha condotto la campagna elettorale, al grido di “#vinciamonoi”, risuona ancora nelle orecchie di molti, con la promessa di una marcia su Roma che evidentemente non si farà.
Questo voto per il rinnovo del Parlamento europeo, infatti, è stato vissuto in Italia come un derby tra i due leader politici più carismatici e come un referendum sull’azione di governo messa in campo in questi primi 80 giorni dal presidente del Consiglio Renzi e dai suoi ministri. Esecutivo nato senza l’avallo delle urne e che oggi invece può contare su una piena legittimazione degli elettori italiani.
“Un risultato storico. Commosso e determinato adesso al lavoro per un’Italia che cambi l’Europa. Grazie”, ha scritto il premier su Twitter quando i risultati sono diventati più sicuri.
Addirittura, è plausibile che il premier voglia battere il ferro finché è caldo: riforma della legge elettorale subito in Aula ed elezioni nazionali già dopo l’estate, possibilmente a ottobre, per governare senza stampelle (ovvero senza gli alleati del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, che ha superato soltanto per un pelo la soglia di sbarramento del 4 percento). Renzi, però, non ha alcuna intenzione di rompere gli equilibri di governo, almeno fino a quando le riforme elettorali non saranno definitivamente legge dello Stato.
Intanto, visto l’enorme successo, ed essendo praticamente l’Italia uno dei pochi paesi in cui i popolari europei non hanno sbancato – il Ppe ha conquistato la maggioranza dei seggi del Parlamento europeo – Renzi potrebbe chiedere per il proprio partito la presidenza del Gruppo del Pse a Bruxelles, mossa di strategica importanza per rendere ancora più incisivo il semestre di presidenza italiana dell’Unione europea che inizierà a luglio.
Notte in silenzio stampa per gli esponenti del Movimento 5 Stelle che puntavano a migliorare il risultato delle scorse politiche per chiedere ufficialmente le dimissioni di Renzi e il ritorno alle urne. “Beppe? A quest’ora dorme”, ha detto Roberta Lombardi, ex capogruppo dei pentastellati alla Camera dei deputati, con ironia amara.
Tra i due pretendenti al primo posto del podio, c’era l’immancabile Silvio Berlusconi che, nonostante la condanna che lo ha sostanzialmente fatto fuori dalla vita istituzionale del Paese, è riuscito con il suo partito, Forza Italia, a piazzarsi al terzo posto. Un risultato dalle interpretazioni controverse: c’è chi lo considera una sconfitta e chi invece, date le circostanze, lo ritiene un risultato sorprendente.