Le spiagge italiane sempre più invase dai rifiuti, per lo più da bottiglie e contenitori di plastica, seguite da tappi e coperchi, a pari merito con i mozziconi di sigaretta, poi da stoviglie usa e getta sempre di plastica, dai cotton fioc e da mattonelle e calcinacci. Questi i risultati dell’indagine sulla “beach litter” curata Legambiente secondo il protocollo scientifico del ministero dell’Ambiente e di Ispra, nell’ambito della campagna “Spiagge e Fondali puliti – Clean up the Med”.
Le operazioni della tre giorni di spiagge e fondali puliti, che tra venerdì e oggi hanno visto impegnati i volontari di Legambiente insieme a tutti i cittadini che si sono uniti a loro, sono in parte concluse. Pronti, invece, i dati dell’indagine sulla beach litter eseguita dai volontari dell’associazione ambientalista nella prima metà di maggio su un’area di 130.040 mq, pari a quasi 20 campi da calcio: 24 spiagge monitorate, situate nei comuni di Genova, Viareggio (Lu), Orbetello (Gr), Scarlino (Gr), Fiumicino (Rm), Anzio (Rm), Pozzuoli (Na), Pollica (Sa), Giardini Naxos (Me), Palermo, Agrigento, Gela (Cl), Ragusa, Pachino (Sr), Noto (Sr), Catania, Policoro (Mt), Pisticci (Mt), Casalabate (Le), Tricase (Le), Brindisi, Polignano a Mare (Ba), San Benedetto del Tronto (Ap).
Le aree di indagine sono state scelte in modo da effettuare il campionamento su spiagge libere – continua Legambiente. Ogni singolo campionamento ha tenuto conto del protocollo di monitoraggio messo a punto dal ministero dell’Ambiente e dall’Ispra. “L’obiettivo è quello di indagare la quantità e la tipologia di rifiuti presenti sulle spiagge italiane e del mediterraneo al fine di contribuire all’applicazione della direttiva europea sulla Marine Strategy – afferma Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente. Un provvedimento che dà chiare indicazioni sull’impatto dei rifiuti marini e sull’obbligo di intervenire e rappresenta un’importantissima occasione per attuare finalmente politiche coordinate tra i diversi settori che riguardano il mare”.
Secondo diversi studi, prosegue Muroni, “circa il 70% dei rifiuti marini affonda e circa il 15% resta in superficie.Questo significa che i risultati dei campionamenti effettuati sulle spiagge rappresentano solo la punta dell’iceberg di un problema ben più complesso. Per questo servono azioni concrete di salvaguardia e sviluppo dell’ambiente marino e delle coste con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati e dei territori.Interventi che in Italia sono in fase ancora embrionale.I risultati del monitoraggio di Legambiente sui rifiuti presenti sulle nostre spiagge richiamano però con forza l’urgenza di intervenire e forniscono un contributo prezioso per la valutazione delle politiche di prevenzione e riduzione del fenomeno”.
“Vengono considerati rifiuti marini (marine litter) i materiali solidi persistenti prodotti dall’uomo, a esclusione, quindi, dei residui semisolidi -spiega Legambiente. Per rifiuto da spiaggia (beach litter), si intende quello rinvenuto sulla linea di costa, che può avere diverse provenienze. I principali indicatori presi in considerazione dall’indagine sulla beach litter sono la composizione del rifiuto, la quantità e la grandezza (maggiore o minore di 25 cm); laddove possibile, è stata stimata anche la provenienza dei rifiuti: mare, spiaggia, entroterra attraverso i fiumi, pesca”.