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Lari: “Capaci segnò l’inizio della guerra allo Stato” | Al via l’ultimo processo sulla strage

“Con la strage di Capaci la mafia cominciò la sua guerra allo Stato”. Lo ha detto il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari che, insieme all’aggiunto Lia Sava e Stefano Luciani, rappresenta l’accusa all’ultimo processo per l’eccidio del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta che comincia oggi davanti alla corte d’assise.

Imputati i boss Salvino Madonia, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino e Lorenzo Tinnirello. “Come disse Totò Riina – ha aggiunto Lari – Cosa nostra aveva tanto tritolo da fare guerra allo Stato e questa guerra cominciò il 23 maggio di 22 anni fa”. Il processo nasce dalle ultime indagini dei pm nisseni sulla strage di Capaci che ha fatto luce sulla fase esecutiva relativa all’esplosivo utilizzato per l’eccidio. Madonia è accusato di avere partecipato alla riunione deliberativa dell’attentato, gli altri boss sarebbero stati coinvolti nel recupero del tritolo dal mare e nella sua lavorazione. Altri 4 imputati, arrestati insieme ai boss oggi a processo, vengono giudicati in abbreviato.

“Sulla fase esecutiva della Strage di Capaci è stata accertata la verità – ha proseguito Lari -. Ogni anno si dice che ci sono verità da scoprire, ma ricordiamoci che, per l’attentato a Falcone ci sono già 37 persone condannate con sentenza definitiva e 9 sotto processo”.

“In quest’ultima indagine – ha concluso – si è fatta luce sul ruolo determinante della cosca di Brancaccio nella Strage di Capaci e in tutti i fatti stragisti fino al ’93”. Lari non ha nascosto, però, che restano aperte “indagini parallele, su altri filoni dell’eccidio”.

“Lo Stato non dimentica chi ha pagato con la vita il giuramento di fedeltà alle istituzioni democratiche”. Comincia così la relazione introduttiva del procuratore di Caltanissetta al processo per la strage di Capaci a carico dei cinque boss. Lari ha ricostruito la fase esecutiva dell’attentato a Falcone che ha definito “terroristico-mafioso”.

“Fu – ha detto – un’azione bellica di devastanti proporzioni”. Nella sua relazione il procuratore ha esposto quali saranno le fonti di prova citate: in tutto la procura chiamerà sul banco dei testi oltre cento persone. Il magistrato ha ricostruito, poi, i ruoli dei singoli imputati e accennato all’assoluta novità delle indagini che hanno portato al processo rese possibili alle nuove tecnologie e dalle dichiarazioni dei pentiti Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina che hanno fatto luce sul ruolo della famiglia Graviano nell’attentato e sulla fase del recupero dell’esplosivo.

“Nelle indagini sulla strage di Capaci abbiamo esplorato anche le piste dei cosiddetti concorrenti esterni, ma abbiamo accertato che almeno nella fase della fornitura dell’esplosivo, non ci fu l’apporto di soggetti esterni a Cosa nostra. Ciò non toglie che continueremo ad indagare sul contributo di entità diverse all’attentato”.

Anche l’aggiunto Lia Sava, intervenuta successivamente, ha in dettaglio indicato le indagini svolte per appurare eventuali presenze esterne a cosa nostra nella fase esecutiva della Strage, tutte conclusesi negativamente. “Abbiamo escluso ‘addizionamenti’ ulteriori rispetto alla carica esplosiva del tritolo individuata eppure la presenza di persone diverse dai mafiosi sul luogo della strage – ha detto Sava – la torcia trovata a 63 metri dal cratere porta le impronte del boss Salvatore Biondino”. Esclusa anche la presenza di soggetti terzi al momento della preparazione della carica di esplosivo.

La procura di Caltanissetta ha poi chiesto alla corte di assise l’acquisizione delle conversazioni intercettate in carcere tra il boss Totò Riina e l’esponente della Sacra corona unita Alberto Lorusso. “In quei dialoghi – ha detto il procuratore Sergio Lari – Riina si è assunto la piena responsabilità dell’attentato a Falcone”.

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