Ad aprile le retribuzioni contrattuali orarie sono rimaste ferme rispetto a marzo, salendo solo dell’1,2% su base annua. Lo rileva l’Istat, spiegando che si tratta della crescita annua più bassa da quando esistono le serie storiche ricostruite, partite nel 1982, ovvero ben 32 anni fa.
La crescita degli stipendi è sempre più fiacca, toccando ad aprile il tasso di variazione più basso almeno da 32 anni a questa parte, il tempo di una generazione. Ma, nonostante tutto, l’aumento delle paghe risulta doppio rispetto all’inflazione. L’Istat ha infatti registrato un incremento annuo nelle retribuzioni contrattuali orarie di appena l’1,2%, come mai era accaduto dall’avvio delle serie storiche (1982). Eppure i salari fanno meglio dei prezzi, con un sollievo per le tasche degli italiani, in termini di potere d’acquisto. L’inflazione infatti ad aprile è risultata pari allo 0,6%. Il merito, in quella che assomiglia ad una corsa al ribasso, va tutto all’inflazione, con la frenata dei listini che quindi è più forte di quella delle retribuzioni.
Con riferimento ai principali macrosettori, ad aprile le retribuzioni contrattuali orarie registrano un incremento tendenziale dell’1,6% per i dipendenti del settore privato e una variazione nulla per quelli della pubblica amministrazione. I settori che ad aprile presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono: gomma, plastica e lavorazione minerali non metalliferi (3,5%); agricoltura e telecomunicazioni (entrambi 3,1%). Si registrano variazioni nulle nel settore alimentari, bevande e tabacco e in tutti i comparti della pubblica amministrazione.