Dopo quattro anni di carcere duro ha deciso di collaborare con la giustizia, “di pentirsi”. Si apre un nuovo capitolo della lotta alla camorra e delle indagine sulla fitta rete di relazioni tra la mafia e il mondo dell’imprenditoria, della politica e delle istituzioni: Antonio Iovine ha iniziato a parlare.
Antonio Iovine, detto ‘o ninno, il padrino dei Casalesi è stato arrestato il 17 novembre 2010 dopo quattordici anni di latitanza. Da qualche giorno ha iniziato a collaborare con i magistrati del pool anti-camorra di Napoli, cominciando a rispondere alle domande dei pm Antonello Ardituro e Cesare Sirignano, del pool coordinato dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli.
Il dicembre scorso, il boss dei Casalesi aveva deciso di revocare i suoi avvocati, dando un preciso segnale, e i primi di maggio a iniziato a rilasciare pagine e pagine di dichiarazioni che al momento sono al vaglio dei magistrati per verificarne l’attendibilità. Iovine è stato subito trasferito da Nuoro, dove era recluso in regime di carcere duro, mentre per i parenti è scattato il piano di protezione.
“È una notizia che rischia di cambiare per sempre la conoscenza delle verità su imprenditoria e criminalità organizzata non solo in Campania, non solo in Italia – dice Roberto Saviano -. Antonio Iovine detto ’o ninno per il suo viso di bambino ma soprattutto per aver raggiunto i vertici del clan da giovanissimo non è un quadro intermedio, un riciclatore delle famiglie, non un solo capo militare. È uno che sa tutto. E quindi ora tutto potrebbe cambiare”.
Iovine è stato a capo dei vertici dei Casalesi per oltre dieci anni e la sua decisione di collaborare con la giustizia non ha precedenti simili. Da qualche giorno ha iniziato a raccontare la storia del clan, a partire dal potere di Antonio Bardellino, alle guerre con Cutolo, per finire agli intrecci con il mondo politico, con interi spaccati dell’imprenditoria campana, fino ad arrivare a possibili contatti con apparati deviati dello Stato.
“Potrebbe essere una vittoria dello Stato importantissima – continua Saviano dalla pagine di Repubblica -. La verità può essere vicina: imprenditoria politica, giustizia, giornalismo tutto sta per essere attraversato dalle confessioni del Ninno. Costringere i capi dei clan a raccontare la verità perché ormai non hanno più scampo, perché ormai sanno di non poter più vincere. Questa potrebbe essere una vittoria della democrazia. Una delle più belle”.