Una lunga fila di bare strette l’una accanto all’altra nel campo allestito per dare l’ultimo saluto ai 284 morti nella miniera di carbone di Soma (Turchia). Immagini impressionanti che hanno scioccato un intero Paese. Ora cresce la rabbia. Scontri si sono verificati ad Ankara, Smirne e Istanbul, per denunciare la “complicità” del governo con i padroni delle miniere. Vetrine distrutte, macchine capovolte, cassonetti incendiati.
Le istituzioni turche, con il premier Erdogan in testa, sono nel mirino per non avere ascoltato prima le richieste dei sindacati turchi che chiedevano maggiori tutele per i minatori. La miniera di Soma, è stata privatizzata una decina di anni fa, ma resta sotto controllo dello Stato.
Un’ecatombe annunciata, quasi trecento corpi recuperati da un inferno privo di ossigeno. I cadaveri, uccisi dal monossido di carbonio, trovati accasciati, stretti gli uni agli altri, forse nell’estremo tentativo di darsi coraggio. Un operaio teneva stretto nelle mani un foglio, poche righe per salutare suo figlio e chiedere “la sua benedizione”. Secondo il Corriere.it nel dedalo delle gallerie invase dal fumo restano intrappolati una novantina di operai e sono poche le speranza di trovarli ancora in vita.
Il giornale turco “Hurriyet” racconta che 14 minatori, bloccati a un chilometro dall’uscita si siano rifugiati nella sola “camera sicura” della miniera. Conteneva qualche bombola di ossigeno. I minatori hanno respirato a turno sperando di essere raggiunti dai soccorritori in tempo. ma così non è stato. Le “camere sicure” in Europa sono obbligatorie in tutte le miniere. Sono costruite per garantire la sopravvivenza dei minatori per un mese. Il “problema” è il costo, fra 80mila e 250mila dollari ciascuna.
A Soma intanto le famiglie dei minatori morti, in una processione infinita, continuano a seppellire i propri cari .