L’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, ha reso dichiarazioni spontanee al processo sulla trattativa Stato-mafia nel quale è imputato di falsa testimonianza.
“Ho sempre servito lo Stato con lealtà, fedeltà, amore e in modo disinteressato – ha detto Mancino -. Contro di me si è innescata una campagna denigratoria nonostante io abbia combattuto sempre la mafia con determinazione”.
Mancino ha preso la parola al termine di una udienza dedicata all’ascolto delle intercettazioni delle conversazioni con l’ex consigliere giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio. Ai giudici della Corte d’Assise, Mancino ha tentato di dare la sua chiave di lettura di quei dialoghi che, secondo la Procura, dimostrerebbe un suo tentativo di condizionare le indagini condotte dalla Procura di Palermo. “Proprio in virtù di quella campagna denigratoria – ha aggiunto – mi rivolsi a D’Ambrosio e non certo per avere protezione o aiuto, ma per confidare a un amico l’amarezza e l’angoscio per ciò che si diceva su di me”. Mancino ha ricordato “l’emarginazione” subita dopo le pubblicazioni delle notizie di un suo coinvolgimento dell’inchiesta sulla trattativa.
“Ho fatto questo intervento davanti alla Corte – ha proseguito – perché sento il dovere di essere leale nei confronti della giustizia. Ciò che conta non è la verità costruita, ma quella vera. Perché la storia sappia che non ci fu alcun cedimento”.
“Non mi aspettavo, né ho chiesto alcuna avocazione dell’indagine palermitana – ha concluso -. A fronte di valutazioni differenti fatte da diverse procure sottolineai a Napolitano la necessità di esercitare funzioni di coordinamento”.