Non ci credeva nessuno ma alla fine il via libera è arrivato. L’Agenzia delle Entrate, con la deliberazione E/50 ha istituito il codice tributo dovuto alla Sicilia. È l’ultimo passo dell’attesa attuazione dell’articolo 37 dello statuto autonomistico siciliano che giunge 68 anni dopo l’entrata in vigore dello stesso Statuto avvenuta il 15 maggio del 1946.
Dunque le imprese che hanno sede legale in una qualsiasi città italiana ma stabilimenti produttivi in Sicilia dovranno versare alla Regione siciliana una parte dell’Ires e una parte dell’Irpef ovvero la quota che fa riferimento al reddito realizzato dagli stabilimenti che hanno sede in Sicilia.
Un iter lungo, anzi lunghissimo, che si conclude proprio nel giorno della visita siciliana del Premier Matteo Renzi e che spegne una parte delle polemiche sull’eventualità che lo Statuto autonomistico possa essere sotto attacca da parte delle lobbies politiche romane (e non soltanto).
Certo a pensar male si a peccato ma spesso ci si azzecca diceva Giulio Andreotti e resta, infatti, da comprendere, cosa Roma pretenderà in cambio in termini di mancati trasferimenti di risorse.
Ma intanto vediamo gli effetti di questo provvedimento. Per le imprese non cambia nulla se non il codice da riportare in sede di pagamento delle tasse. Uguali scadenze e metodi di pagamento ma bisognerà suddividere le imposte fra la Sicilia e lo Stato in base a dove è stato prodotto il reddito.
Il lungo iter: la norma nasce con lo statuto nel 1946 ma il primo sì alla sua applicazione arriva nel 2005 sotto il governo Cuffaro. Il decreto nazionale è il 241 e riguarda principalmente le tasse automobilistiche ma sancisce il principio che alla Sicilia spettano le imposte prodotte nell’isola. la norma viene applicata solo in parte fino allo scorso anno. Il 19 dicembre 2013 arriva, infatti, il decreto attuativo finale. ieri la delibera dell’Agenzia delle entrate che istituisce il codice.
Il mistero della quantificazione: i conti li fa il Sole 24 ore ma neanche il più importante giornale economico italiano riesce a venirne a capo. 8 miliardi l’anno secondo una recente dichiarazione del presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, 200 milioni per il 2014 secondo le stime che l’ex assessore regionale all’economia Luca Bianchi mise nero su bianco in sede di bilancio di previsione, 800 milioni di euro (aggiungiamo noi) era la quantificazione degli uffici regionali nel 2005.probabilmente quest’ultima è la stima più vicina al vero e forse a questa voleva riferirsi Ardizzone, ma la crisi di questi anni l’ha certamente almeno dimezzata.
Cosa ottiene in cambio lo Stato: niente più trasferimenti per le politiche industriali e (forse) per il risanamento ambientale. insomma la Sicilia è Autonoma si faccia i conti da sola. Le vere conseguenze di questa nuova situazione le potremo valutare solo nel 2015 a consuntivo del primo bilancio nella nuova forma. Solo allora sapremo chi ha guadagnato e chi ha perso. Difficile, però, pensare che Roma ceda senza combattere se i conti sono sfavorevoli.
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