Non sempre l’erba del vicino è più verde. Questa volta sì, nettamente. Spagna, Inghilterra e Germania offrono emozioni (e commozioni) calcistiche che da queste parti nemmeno ci sogniamo.
Il calcio italiano chiuderà la sua fallimentare stagione con un’ultima giornata che si potrebbe anche non giocare (a parte le gare di Torino e Parma) e che anzi sarebbe meglio non fare giocare per evitare nuove vergogne, incidenti e spreco di denaro per assicurare l’ordine pubblico.
Ieri, in una domenica che ha emesso quasi tutti i verdetti, ancora una volta si sono registrati episodi squalificanti e imbarazzanti: gomitate in campo, nervi scoperti, cori beceri, striscioni inguardabili, dichiarazione post partita senza alcun contatto con la realtà.
Bastava cambiare canale sulla piattaforma Sky per scoprire un mondo nuovo. Prendete il Liverpool. Aveva la Premier in tasca e in appena due giornate ha perso in casa con il Chelsea (erroraccio di Gerrard) e ha pareggiato sul campo del Crystal Palace, dilapidando nell’ultimo quarto d’ora un vantaggio di ben tre gol e regalando lo scudetto al Machester City.
Da noi la squadra sarebbe stata contestata dai tifosi e spedita in ritiro, a Liverpool è stata osannata nel prepartita più commovente degli ultimi anni, con i tifosi che hanno cantato a squarciagola il proprio inno, piangendo per i propri beniamini a cui hanno comunque riconosciuto il merito di una stagione straordinaria.
E la Spagna? L’incredibile volata finale (la più bella di sempre) è contraddistinta da un dato che in Italia non si è mai verificato. Nessuna tra Atletico Madrid, Real Madrid e Barcellona (tre delle squadre più forti d’Europa) è riuscita a vincere nelle ultime due partite di campionato. La Liga – per uno scherzo del calendario – sarà decisa sabato alle 18.00 (l’Italia si fermi per imparare) dallo scontro diretto Barcellona – Atletico, “el partido”: all’Atletico basterà pareggiare.
In Italia invece, a fine campionato, succede tutto quello che non sarebbe successo un mese prima. Il Sassuolo (toh!) vince a Firenze e batte il Genoa, il Chievo (toh!) vince a Cagliari, il Catania batte la Roma. Se guardiamo agli scorsi campionati troviamo anche di peggio. Non vogliamo sollevare il sospetto di “combine” (anche se esistono filoni d’indagine sui campionati passati) ma solo di scarsa cultura sportiva: se non hai motivazioni di classifica finisci per perdere contro chiunque. Negli altri Paesi, quasi sempre, si gioca per la maglia fino all’ultima partita, e lo stadio è sempre pieno anche se sei retrocesso o sei primo in classifica e giochi contro l’ultima.
Se poi avete l’occasione di andare in Germania cominciate a dare un’occhiata agli stadi e capirete la differenza: dall’opulenta Monaco di Baviera alla piccola Gelsenkirchen (dove gioca lo Schalke ’04) è un esempio di civiltà (a tal punto che stona come un pugno quello striscione Speziale libero). E non sarà un caso che la scorsa finale di Champions League sia stato un derby tedesco.
In Italia manca la cultura sportiva ma mancano anche dirigenti sportivi adeguati, manca il coraggio di provvedimenti seri e rigorosi ma impopolari. Forse i più giovani non ricordano cosa hanno fatto in Inghilterra per debellare il fenomeno degli hooligans dopo la drammatica finale dell’Heysel tra Juve e Liverpool con i 39 morti in tribuna. Il premier di allora, Margareth Thatcher, la lady di ferro, varò una serie di severissime regole relative all’accesso agli stadi e al comportamento dei tifosi e di fatto decise che le squadre inglesi sarebbero state escluse dalle competizioni internazionali a tempo indeterminato.
Ve l’immaginate in Italia dove la politica non si mette d’accordo nemmeno su chi paga il caffè?