È da confermare la condanna a sette anni di reclusione, per concorso esterno in associazione mafiosa, per Marcello Dell’Utri. È la richiesta della Procura della Cassazione rappresentata da Aurelio Galasso innanzi alla Prima sezione penale. Per il pg, merita conferma il verdetto emesso il 25 marzo 2013 dalla Corte d’Appello di Palermo.
I contatti tra cosa nostra e Marcello Dell’Utri – agli arresti in Libano – “non si sono mai interrotti e si sono protratti senza soluzione di continuità” dal 1974, anno del “patto di protezione” siglato con la mafia palermitana per tutelare Silvio Berlusconi, fino al 1992. Lo ha sottolineato nella sua requisitoria, il pg Galasso rilevando che la Corte d’Appello di Palermo ha dato “adeguatamente” conto del protrarsi di questi rapporti e dei pagamenti per la mafia tramite Dell’Utri.
“I contatti di Marcello Dell’Utri con la mafia palermitana – ha sottolineato il pg – erano tali che le sue lamentele per le eccessive pressioni degli ‘esattori’ Pullarà, da lui rivolte alle sue conoscenze in cosa nostra, arrivano fino alle orecchie di Totò Riina: a tal punto arrivava il suo accreditamento all’interno del sodalizio”.
La sentenza è attesa entro poche ore. “Marcello Dell’Utri è molto provato da 20 anni di indagini a suo carico: non condivido la sua iniziativa, ma la giustifico. Può aver perso la testa e aver commesso una stupidaggine!”, ha detto l’avvocato Massimo Krogh, difensore di Dell’Utri, durante la sua arringa, riferendosi al viaggio in Libano del suo assistito.