Sarebbe come dire: siccome c’è il pericolo di una rapina in banca chiudiamo la banca. Oltre al danno la beffa. Roma – Juventus si giocherà domenica pomeriggio alle 17.45 e non più in prima serata: come sempre quando si teme qualche incidente è preferibile per le forze dell’ordine che l’evento si svolga con la luce naturale e non di notte.
La decisione di anticipare Roma – Juventus è stata presa dal prefetto di Roma, Giovanni Pecoraro dopo aver consultato Lega Calcio, Osservatorio nazionale per le manifestazioni sportive e i rappresentanti delle forze di polizia. Probabilmente è stata la cosa migliore da fare in questo momento di tensione ma è anche la certificazione che il calcio italiano – e non solo quello – è profondamente malato ed è costretto a dirottare preziose risorse in termini di ordine pubblico per un “semplice” evento sportivo.
Diciamolo francamente: cambierà poco perché Roma – Juventus ha ormai il valore di un’amichevole o poco più. La Juve è già campione d’Italia, la Roma è già certa del secondo posto, al di là della rivalità di bandiera non ci aspettiamo nulla di più che di una gara giocata senza troppe isterie tattiche.
Ma se fosse stata decisiva per lo scudetto come qualcuno avrebbe sperato fino a poche domeniche fa? Si sarebbe cambiato l’orario? Sky – fortemente penalizzata da un simile spostamento – avrebbe accettato? E chi ha già prenotato un aereo o un treno in funzione di un orario e si trova spiazzato nella sua organizzazione? Domande senza risposta.
E’ chiaro che un simile contesto non attira i campioni del calcio che già per ragioni economiche da qualche anno scelgono di giocare in Spagna, Germania o Inghilterra. Non si attirano gli investitori – soprattutto arabi – perché questo calcio trasmette sempre più un’immagine poco appetibile. La stessa Sky potrebbe decidere di ridiscutere con le società il suo notevole esborso economico che è poi la benzina vitale della macchina calcio. Dopo i fattacci dell’Olimpico in occasione della finale di coppa Italia tra Fiorentina e Napoli, l’impressione è che le istituzioni politiche e calcistiche comprendono poco la situazione o – e sarebbe anche peggio – non riescono a fronteggiare l’andazzo.
Genny ‘a carogna è solo l’ultimo dei tanti ostacoli – nemmeno insormontabili – sui quali questo calcio e questo Paese continuano a inciampare.