Il problema non si pone: a Brescia le cure con il metodo Stamina devono riprendere il 5 maggio perché lo dicono i giudici. Altrimenti si commette un reato. Parola di Pasquale Scrivo e Liborio Cataliotti, i due nuovi avvocati di Davide Vannoni, il guru della terapia, indagato a Torino con altre diciannove persone per associazione per delinquere e truffa e, al tempo stesso, sdoganato dagli almeno 180 tribunali italiani che hanno dato credito al suo trattamento.
In un parere “pro veritate” messo a punto per conto della Stamina Foundation, i legali si sono agganciati al provvedimento con cui il giudice Antonio Genna, di Marsala, lo scorso 14 aprile ha ordinato (“il diniego provocherebbe una inammissibile perdita di chance di sopravvivenza”) di ricominciare il trattamento su un bambino malato: se gli Spedali Civili di Brescia non si allineano, i genitori potranno agire “coattivamente”, servendosi persino della forza pubblica.
“In quest’ottica – viene spiegato – Stamina non può assolutamente esimersi di prestare la propria collaborazione”. “Non è – dice Cataliotti – una sfida alla magistratura torinese o a chi non è d’accordo. E’ semplicemente un obbligo di legge. Non rispettare un’ordinanza significa commettere il reato di ‘mancata esecuzione dolosa di un provvedimento di un giudice'”. Oggi Vannoni ha parlato a Monza per spiegare i motivi per i quali corre per il Parlamento europeo: “Mi candido con la lista ‘Io Cambio’, l’unica che è stata in piazza con noi, per la libertà di cura e la libertà di tutti”.
Al suo fianco c’erano Francesca Azzeni e Antonio Genova, genitori di due bimbi sottoposti alla terapia: “Il 5 maggio il trattamento riprenderà, a costo di buttare giù la porta dell’ospedale”. Intanto gli avvocati del guru cominceranno a esaminare il monumentale fascicolo d’indagine assemblato dal pm Raffaele Guariniello e dai carabinieri del Nas: trentotto faldoni di documenti (più materiale audio e video) cui si devono aggiungere quelli del primo filone d’inchiesta, che era terminato due anni fa. Carte che dipingono un Vannoni animato solo dal desiderio di riempirsi le tasche con una cura che nella migliore delle ipotesi non serve a nulla e che invece è gravida di rischi per i pazienti e i donatori delle cellule. Nelle 101 persone sottoposte al trattamento i consulenti del pm hanno rilevato il 25% di “eventi avversi”.
“In questo momento ci sono in Italia tre casi simil-Stamina e alcuni sono gravissimi”, ha rivelato Luca Pani, direttore generale dell’Aifa, durante l’audizione in commissione Sanità del Consiglio regionale della Lombardia: ci stanno lavorando i Nas, che hanno stanno ravvisato dei risvolti di carattere penale. Un filone di queste indagini, secondo indiscrezioni, si starebbero concentrando, a Caserta. Quanto al caso Brescia, Pani ha ricordato che l’Aifa bloccò il laboratorio nel 2012 con una ordinanza poi superata dalle sentenze dei giudici: “Noi non abbiamo altri strumenti. Non potevamo fare niente di più”.