“Siamo venuti qui in cerca di un’opportunità di lavoro che in Italia non c’è. Era stato il mio amico Joele a trovarmela”, a parlare davanti il tribunale di Maidstone è Alex Galbiati, il 20enne di Rogeno amico di Joele Leotta, il ragazzo brutalmente ucciso lo scorso 20 ottobre nel Kent britannico da quattro immigrati lituani contro cui si è da pochi giorni aperto il processo per omicidio.
“In Inghilterra abbiamo trovato un’opportunità che in Italia non avevamo – racconta l’amico sopravvissuto davanti alla rappresentante dell’accusa Philippa Mc Atasney – Joele aveva trovato il lavoro su internet, ma era per una sola persona, così ha parlato con il titolare convincendolo ad assumere anche me”, riferendosi agli impieghi trovati presso la pizzeria Vesuvius, che oltre a uno stipendio di 100 sterline al mese gli aveva concesso un alloggio sopra al ristorante. Quasi un sogno che si avverava per i due ragazzi, i quali, una volta terminati gli studi, avevano optato per l’andare all’estero in cerca di fortuna. Un sogno testimoniato anche dagli status pubblicati su Facebook da Joele nei primi giorni in terra britannica, in cui elogiava la gente del posto e i luoghi.
È stato confermato il motivo dell’aggressione: i quattro immigrati, residenti nello stesso caseggiato di Joele e Alex, erano stati accusati di tenere la musica troppo alta e pensando che “a fare la spia” fossero stati i due ragazzi italiani, li hanno aggrediti brutalmente fino a uccidere Joele con cento colpi.
“Poche sere prima dell’aggressione, qualcuno tentò di entrare nella nostra stanza. Sentimmo spingere la porta, sentimmo urlare qualcosa ma poi tutto si calmò”, fino al fatidico 20 ottobre: quella sera Alex era stato rinchiuso nel bagno perchè aveva tentato di reagire e non ha potuto fare nulla per aiutare il suo amico, che nel frattempo veniva ucciso di botte.