È morto a 111 anni, che avrebbe compiuto a maggio, Arturo Licata, considerato tra gli uomini più vecchi del mondo. Viveva ad Enna. Lo hanno comunicato i suoi familiari. Era un musicista e poeta autodidatta. La moglie, Rosa Jannello, sposata nel 1929, morì nel 1980: da lei ebbe sette figli. Nato nel 1902, Licata aveva lavorato per vent’anni nelle miniere di zolfo a Pasquasia, facendo la guardia giurata e poi il conduttore meccanico. Un lavoro faticoso che nel tempo lasciò per fare l’infermiere nel dispensario di Enna: accompagnava i bambini affetti da tubercolosi all’ospedale “Buccheri La Ferla”, a Palermo.
Come soldato, durante la colonizzazione fascista, rimase per due anni in Africa, per poi rientrare a Enna. Imparò a suonare la chitarra da giovane e spesso veniva chiamato dagli amici per comporre serenate da dedicare alle donne. Oltre all’indole musicale, Licata ha coltivato negli anni la passione per la poesia, partecipando anche ad alcuni concorsi e ricevendo dei premi. Ancora lucido mentalmente, amava raccontare gli aneddoti della sua lunghissima vita ai suoi familiari. Ricordi che alternava con il gusto dell’ironia e del buonumore.
Raccontava ad esempio quando, da giovane, camminava per 22 chilometri al giorno. “Non esistevano le automobili e per andare a lavorare non mi scoraggiavo se dovevo raggiungere tutti i giorni la miniera, parecchio distante da casa mia”. Il segreto della sua longevità? Ha condotto un’esistenza mangiando cibi genuini: bandite dalla sua tavola le pietanze sofisticate. Molte verdure, cipolla cruda a volontà e un bicchiere di vino rosso ai pasti. Il suo piatto preferito era la pasta con la ricotta. Poca carne rossa. E al mattino un buon caffè al suo risveglio dopo otto ore di sonno ”senza avere mai sofferto di insonnia”.