Il 15 aprile del 2013 Boston fu ferita in modo indelebile: la strage della maratona, con 3 morti e 260 feriti, a pochi metri dal traguardo di quella che doveva essere una festa, segna l’organizzazione della 118° edizione della manifestazione sportiva. L’attentato della maratona di Boston non si può dimenticare e gli Stati Uniti d’America hanno messo su delle eccezionali misure di sicurezza: quaranta check point, 3.500 agenti e oltre 100 telecamere lungo il percorso.
La corsa podistica più antica del mondo quest’anno è più blindata che mai. Se c’è una cosa in cui gli Usa sono maestri, è trasformare le tragedie in simboli, per non dimenticare e rinascere. A sottolinearlo è il presidente Barack Obama che ha detto che Boston “con la sua forza e il suo coraggio” s’è rimessa a correre.
In effetti i partecipanti sono oltre 36 mila, 9 mila in più dell’anno scorso. Subito dopo le bombe che sconvolsero l’America e il mondo, lo slogan utilizzato per non perdere la fede fu “Boston strong”. Quest’anno è cambiato, per ricordare che c’è di più: da Boston è forte si è passato a Boston è più forte (“Boston stronger”), con atleti e cittadini pronti a dimostrarlo.
All’inizio della gara un minuto di silenzio in memoria delle vittime e dei feriti dell’esplosione al traguardo della maratona nel 2013: il vincitore dell’anno scorso Lesisa Desisa ha rinunciato alla vittoria dopo la strage. Quest’anno la vittoria è di Meb Keflezighi, atleta di San Diego (California) che è però legato all’Italia: lui e la sua famiglia arrivarono a Monza dopo esser fuggiti dall’Eritrea. Meb ha frequentato in Italia la prima elementare prima di partire per gli Stati Uniti: fu medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene.