La dirompente scrittrice siciliana Silvana Grasso ha pubblicato un nuovo libro, “Il cuore a destra”, piccolo racconto edito da Le Farfalle. La stessa autrice lo ha raccontato a Palermo e il suo modus dicendi ha la stessa densità della sua scrittura. La Grasso, persona e personaggio allo stesso tempo, risulta imprevedibile, accattivante, estremamente schietta nel racconto di episodi privati e letterari; il modo di apparire e di parlare mostra un animo vibrante, appassionato, incessantemente inquieto.
Affascinanti le parole che descrivono la nascita di ogni sua opera: quel “prima del prima”, come dice l’autrice, in cui la scrittura avviene sulle unghie, mangiandole e torturandole a sangue per giorni e giorni, atto che rappresenta “la sorgiva, l’incisione, la ferita, la parola non contaminata dall’inchiostro, la parola abortita, la parola ingravidata, la miglior parola, quella che non leggerete mai”. Al lettore rimane lo scarto, la parola gettata e rigurgitata dalle mani dell’autrice che descrive se stessa come un Crono che divora i suoi figli, una madre snaturata per cui le opere sono creature inghiottite, vomitate, martoriate. Nasce un sanguinolento conflitto tra vita e morte che vede la scrittura come duello tra l’autore e le sue creature.
“Il cuore a destra”, intensissimo racconto redatto in sole tre ore, è l’ennesima scrittura di getto e senza ripensamenti dell’autrice; è la storia di Billonia, venditrice di “zoccoli galosce e polacchini per contadini”, nel paese di Spinasanta che, dopo la morte delle zie, cambia attività imprenditoriale, intraprendendone un’altra di consulenza stregonesca, muovendosi tra sacro e profano. Un’altra donna, la straniera Marìdda, turberà la vita della protagonista.
“Il cuore a destra”, bozzetto inquietante di vite interiori ed esteriori in una Sicilia tra immaginario e reale, rappresenta il congedo dell’autrice dalla caratterizzante commistione tra italiano e dialetto, “l’ultima abbuffata, l’ultima bulimia linguistica di quel tipo”. Il prossimo romanzo infatti, “Di pizzo rosa per favore”, atteso in autunno, cambia la fisionomia di Silvana Grasso che opera così “una bonifica della scrittura precedente”.
La parola dell’autrice, che sia scritta o parlata, tradisce un fortissimo senso identitario che lega la Grasso alla sua terra, ma quando le chiedo di parlarmi del suo rapporto con l’isola risponde: “Ho sempre vissuto in maniera talmente autistica, con pochissimo rapporto col territorio; non mi lascio invadere, contaminare. Potrei vivere in un atollo, a New York, a Gela, a Giarre; transito da un posto all’altro perché non assumo mai né le regole del posto, né le abitudini, né i richiami”.