Cʼè un tratto della costa settentrionale della Sicilia, quello che da capo Plaia arriva fino a Finale di Pollina, conosciuto per lo più dai residenti e dai turisti del nord Europa, e poco dai siciliani. Al centro di questi dieci chilometri di litorale, in cui ampie spiagge di sabbia o di ciotoli si alternano a calette quasi inaccessibili da terra, si erge inconfondibile la Rocca di Cefalù.
Da quasi 35 anni trascorro buona parte delle mie vacanze e del mio tempo libero a SantʼAmbrogio, piccola frazione della splendida cittadina normanna, e, tutte le mattine in cui mi risveglio nel mio “buen retiro”, il primo sguardo è rivolto proprio alla Rocca. È il mio punto di riferimento per sapere che tempo farà: da lì infatti arrivano i nuvoloni carichi di pioggia spinti dal maestrale. Da casa mia o da qualunque tratto di costa ad est di questo caratteristico promontorio, ho assistito a meravigliosi tramonti spesso placidi e riposanti, talvolta invece coloratissimi e struggenti.
Kephaloidion, così gli antichi Greci chiamavano la Rocca per la sua forma simile ad una testa, è uno scrigno di antichissime testimonianze preistoriche e storiche che possiamo scoprire affrontando la salita (270 metri di dislivello). Bastano discrete gambe da ex sportivo/a, e normali scarpe da trekking. Edicole ben visibili, posizionate nei punti strategici, ce ne raccontano la storia e le leggende. La mitologia narra che il bellissimo pastore Dafni, insensibile allʼamore della ninfa Echenais di lui innamorata, fu da lei accecato per gelosia. Dafni, disperato, si lasciò morire, e il suo corpo fu trasformato dalla dea Afrodite nella Rocca di Cefalù.
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Il fascino della leggenda continua con Eracle che, colpito dall’incantevole bellezza del luogo, volle essere di aiuto agli abitanti mettendo al servizio la sua proverbiale forza per spianare il terreno dove sarebbe sorto lʼinsediamento fortificato di Kephaloidion. Risale all’età Bizantina (VII -VIII sec. d.C.) la costruzione delle mura e di tutte quelle strutture (cisterne per la raccolta dellʼacqua, magazzini, chiese) idonee a proteggere e rendere autosufficiente la comunità stanziata sul promontorio. Con la caduta dell’Impero Romano d’occidente, infatti, lʼabitato si trasferì sulla rupe per difendersi dalle incursioni piratesche. Grazie alla sua inaccessibilità la Rocca resistette per lungo tempo all’assedio degli Arabi.
Fu poi con l’arrivo dei Normanni che Cefalù conobbe il periodo di maggiore splendore. Lʼabitato tornò ai piedi del promontorio, e Ruggero II volle costruirvi una maestosa Basilica (oggi il Duomo), un vero e proprio monumento alla Cristianità, caratterizzato dalla coesistenza di stili e culture profondamente diverse (Bizantina, Araba e Normanna).
Alla Rocca rimase soltanto funzione militare di avvistamento e di difesa, e per questo fu rinforzata la doppia cinta muraria, immediatamente riconoscibile da lontano. Il suo fascino è immutato da qualunque versante la si guardi. Sempre sulla Rocca meritano una sosta il Tempio di Diana e il Castello. Il primo è una costruzione megalitica risalente al IX secolo a.C. Fu ritratto dal pittore francese del ʻ700 Jean Pierre Houel, grande viaggiatore del Gran Tour, che trascorse tre anni in Sicilia. Il dipinto è oggi esposto allʼErmitage di San Pietroburgo.
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Il castello, oggi un rudere, fu invece un fortilizio normanno, edificato tra lʼXI e il XII sec. Si trova proprio in cima alla Rocca; da lì si domina il Mar Tirreno dalle Isole Eolie al golfo di Palermo. Il panorama è straordinario! A est il porto di Presidiana, la penisoletta della Calura, e poi tante spiagge e calette fino alla punta Raisgerbi. A ovest invece, dalle mura merlate, si può ammirare dallʼalto la città di Cefalù, il Duomo, il porto vecchio e la lunga, ma sempre meno larga, spiaggia di sabbia finissima che dʼestate si popola di ombrelloni e sdraio per accogliere lʼenorme flusso di bagnanti provenienti dai comuni limitrofi. Scendiamo dunque dalla Rocca e, dirigiamoci verso est, per visitare i pochi chilometri di costa che arrivano fino alla foce del fiume Pollina (tra qualche settimana invece andremo a visitare il litorale a ovest della Rocca).
Iniziamo dal porto di Presidiana: il porto nuovo. Prende il nome dallʼomonima sorgente dʼacqua dolce che sbocca al centro della baia. Dʼestate, col caldo afoso, è una gioia sguazzare nellʼacqua gelata, dopo una gita in gommone! Segue lʼinconfondibile promontorio di contrada Calura dominato dallʼomonima torre e da caratteristiche rocce dal colorito bruno. Su questo versante del promontorio si trova lʼhotel “Le Calette” le cui terrazze arrivano fino al mare, quasi a toccare lo scoglio Tallarita e lo scoglio dei Passeri. In una di queste terrazze dal panorama incantevole, si può godere di uno dei più ricchi e gustosi breakfast che io conosca. Sullʼaltro versante del promontorio un piccolo golfo con degli scogli affioranti cui si accede da una scala (pubblica) ripida e stretta. Tra questi scogli ve ne è uno che ha la forma di un dito (scegliete voi quale) rivolto verso il cielo.
Continuando sempre verso est incontriamo la spiaggia di SantʼAmbrogio, una spiaggia di ciotoli, dove spesso scendo dʼestate per un bel bagno al tramonto con mio nipote. Proprio sulla spiaggia troviamo “La volpe in bikini”, uno di quei ristoranti che tanto piacerebbero al Commissario Montalbano. Dopo una nuotata (il ristorante è dotato anche di sdraio e ombrelloni), uno spaghettino con le patelle e un fritto di calamari, innaffiati da un bicchiere di “bianco” alla giusta temperatura, ti rimettono in pace col mondo (foto 28). Sulla stessa spiaggia, il gettonatissimo lido “Babaja” facilmente accessibile dal “parcheggio degli ulivi”. Andando avanti, un paio di spiaggette accessibili dalla strada si alternano a lunghi tratti di litorale inaccessibile, fino ad arrivare alla spiaggia che precede punta Raisgerbi, dove fino a pochi anni fa si trovava il più bel villaggio Valtur oggi desolatamente chiuso. Quasi di fronte la stradella che scende fino alla spiaggia, troviamo “Torre Conca”.
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La torre faceva parte del sistema di avvistamento ideato dallʼarchitetto fiorentino Camillo Camilliani (XVI secolo), insieme alla già menzionata Torre Calura, e alle torri Raisgerbi (visibile dal mare) e del Marchese (nellʼabitato di Finale). Superata la piccola frazione di Finale dalla quale il mare è inaccessibile, troviamo la “costa Turchina”, una spiaggia libera, facilmente raggiungibile, e poco dopo la foce del fiume Pollina. Siamo arrivati! Purtroppo in buona parte questo tratto di costa verrà irreversibilmente stravolto per favorire il raddoppio della linea ferroviaria. Un prezzo altissimo per questo angolo di Paradiso. Sembra che un progetto molto meno invasivo, ma di pari efficacia, sia stato proposto agli Enti competenti che, siamo certi, sapranno superare le eventuali difficoltà burocratiche per attuarlo.
Incrociamo le dita!
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