La prima parte dell’inchiesta sull’attività di prostituzione delle due studentesse minorenni di Roma ha portato al rinvio a giudizio di otto persone. Già firmata la richiesta per le sei persone arrestate lo scorso autunno e per due clienti.
I reati contestati sono favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione minorile, cessione di sostanze stupefacenti, diffusione e detenzione di materiale pedopornografico. La decisione in tal senso verrà presa dal gup Costantino De Robbio.
Tra le posizioni principali in esame quella di Mirko Ieni, considerato il principale gestore del giro illecito in quanto avrebbe reclutato le due minorenni, sfruttandone l’attività, mettendo loro a disposizione l’appartamento ai Parioli e una scheda telefonica per procacciare i clienti, fissando gli incontri a pagamento, mantenendo la contabilità delle prestazioni sessuali e incassando una quota.
Inoltre la Procura ritiene che Ieni avrebbe inserito nel giro di prostituzione altre quattro ragazze, questa volte maggiorenni. Contestato anche il reato di detenzione e cessione di cocaina.
Le accuse per Nunzio Pizzacalla, l’altro gestore, sono di reclutamento e induzione alla prostituzione di una delle due minorenni. La richiesta di rinvio a giudizio potrebbe riguardare anche la madre di una delle due ragazzine, la quale avrebbe sfruttato la prostituzione della figlia ricavandone denaro.
Il commercialista Riccardo Sbarra è accusato di avere avuto rapporti a pagamento con le due ragazzine e do detenzione e cessione di materiale pedopornografico. Lo stesso reato sarebbe contestato anche a Mario Michel De Quattro, accusato anche di tentata estorsione per aver cercato di farsi consegnare 1.500 euro da una delle studentesse previa minaccia dell diffusione di un suo video realizzato mentre intratteneva un rapporto sessuale con lei.
Marco Galluzzo, imprenditore, è accusato di aver avuto incontri a pagamento con una minore e di cessione di cocaina. Infine i due clienti, Francesco Ferraro e Gianluca Sammarone, rimasti sempre a piede libero. Alcuni degli indagati potrebbero chiedere di accedere a riti alternativi.