La Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria ha eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni mobili e immobili, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale reggino, in provincia di Reggio Calabria e di Mantova.
Destinatario del provvedimento è Massimo Siciliano, imprenditore edile di 43 anni originario di Catanzaro, attualmente detenuto: secondo quanto reso noto, l’uomo è stato coinvolto nelle recenti operazioni di polizia “Saggezza” e “Ceralacca 2”, che avrebbero rivelato il ruolo svolto dall’imprenditore catanzarese, nell’ambito della ‘ndrangheta calabrese e in particolare del “locale” di Antonimina (RC), diretto e coordinato dal suocero Nicola Romano 66 anni.
Quest’ultimo, nell’operazione “Saggezza”, sarebbe emerso oltre che come “capo locale” di Antonimina, anche come “capo consigliere” della “Sacra Corona”, una nuova struttura criminale con a capo Vincenzo Melia, 85 anni, posta superiormente ai “locali” di ‘ndrangheta, dislocati ed operanti sui territori di Antonimina, Cimina’, Ardore, Cirella di Platì e Canolo, tutti Comuni siti nella fascia jonica della provincia reggina.
La “Sacra Corona”, secondo gli investigatori, vantava legami criminali con gli esponenti delle principali famiglie mafiose della provincia reggina, come i Commisso di Siderno, i Cordì di Locri, i Pelle di Santa Luca, gli Aquino di Marina di Gioiosa Jonica, i Vallelunga di Serra S. Bruno, i Barbaro di Platì, gli Ietto di Natile di Careri, i Primerano di Bovalino e con personaggi di assoluto spessore criminale all’interno della ‘ndrangheta, quali, tra gli altri, Giovanni Maesano e Antonino Venanzio Tripodo.
Siciliano avrebbe assunto il ruolo di imprenditore di riferimento del capo cosca Romano, garantendo, attraverso le ditte di cui è risultato titolare e strettamente collegate al sodalizio criminale, l’esecuzione di lavori nel settore dell’edilizia pubblica, turbando le regole della libera concorrenza e del libero mercato estromettendo le aziende operanti lecitamente.
Nell’ambito dell’operazione “Ceralacca 2”, Siciliano è accusato con altre persone di associazione mafiosa finalizzata, fra l’altro, alla corruzione e alla turbata libertà degli incanti con riferimento alle procedure di appalto indette dalla Provincia di Reggio Calabria, dalla Stazione Unica Appaltante della Provincia di Reggio Calabria e dalla Società Risorse Idriche Calabresi (Sorical).
Siciliano, in particolare, avrebbe fornito, secondo quanto riportato nel provvedimento a suo carico, “un costante contributo all’associazione mafiosa di appartenenza, presentando – sia con le proprie imprese (Gsc Srl unipersonale) che con imprese dallo stesso di fatto direttamente controllate (Icop Srl) – offerte fittizie per le gare di appalto indette dalla Sorical spa, proponendo ribassi concordati in precedenza con i Bagalà, per condizionare le gare”.
Le determinazioni dei giudici della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria sono scaturite da un’indagine patrimoniale, condotta dal centro operativo Dia di Reggio Calabria, volta a verificare le modalità di acquisizione del cospicuo patrimonio societario riconducibile all’imprenditore, il quale negli ultimi anni aveva incrementato in modo esponenziale la propria attività con l’accaparramento di numerose commesse pubbliche non solo in Calabria, ma anche in tutto il territorio nazionale ed in particolare nel Nord Italia.
Gli accertamenti, peraltro, avrebbero evidenziato un’evidente sproporzione tra gli investimenti effettuati da Siciliano rispetto a quanto dichiarato al fisco. Tra i beni sequestrati, l’intero patrimonio aziendale e l’intero capitale sociale della “Icop Srl”, con sede a Antonimina (Rc), operante nel settore costruzioni, pavimentazioni stradali e produzione inerti; il patrimonio aziendale e l’intero capitale sociale della “Gsc Srl Unipersonale”, con sede a Dosolo (Mn), operante nel settore costruzioni, manutenzione e riparazione strade, autostrade, ponti, viadotti; disponibilità finanziarie aziendali e personali in fase di quantificazione.