“Incontrai Borsellino all’aeroporto di Roma a fine giugno, ho ricostruito poi, anche grazie alla sue agende, che si trattava del 28, e gli dissi che il capitano De Donno mi aveva comunicato di avere intenzione di contattare Vito Ciancimino tramite il figlio Massimo per vedere se era possibile avviare con lui un percorso di collaborazione”. Lo ha raccontato l’ex direttore degli Affari penali Liliana Ferraro che ha deposto a Caltanissetta al processo per la strage di via D’Amelio. Qualche giorno prima Ferraro, aveva incontrato De Donno, in servizio al Ros dei carabinieri, e l’ufficiale le aveva confidato dei contatti – il teste non sa se già presi o pianificati – per arrivare a Ciancimino.
De Donno avrebbe chiesto alla Ferraro di parlarne con l’allora Guardasigilli Claudio Martelli sostenendo che a suo avviso era necessario un avallo politico all’operazione. “Io risposi che l’avrei informato anche se non ritenevo che ci volesse il conforto del ministro – ha detto la teste – ma precisai che era necessario avvertire la magistratura e che l’avrei fatto io visto che avevamo la fortuna di avere un referente come Borsellino”. Nel ricordo di Ferraro Borsellino non diede alcuna importanza alla notizia delle intenzioni del Ros di stabilire contatti con Ciancimino.
“O ne era già a conoscenza – ha detto – o non la riteneva rilevante”. La circostanza raccontata dalla testimone è rilevante per gli inquirenti che ritengono la “scoperta” di Borsellino di una trattativa in corso tra il Ros e Ciancimino uno dei moventi della strage costata la vita al magistrato. Il giudice sarebbe stato ucciso perché percepito come ostacolo alla trattativa. “La reazione di Martelli, invece, alla notizia dei rapporti tra il Ros e Ciancimino – ha ricordato – fu diversa. Era molto irritato perché sosteneva che non avessero alcuna competenza per fare una cosa simile ritenendo che la cosa casomai spettasse alla Dia”. De Donno, insieme ad altri ufficiali del Ros, come i generali Mario Mori e Antonio Subranni, sono sotto processo a Palermo per la trattativa Stato-mafia che secondo gli inquirenti, per conto di pezzi delle istituzioni, avevano avviato con le cosche attraverso l’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino.