Botta e risposta a distanza sulla riforma del Senato tra Piero Grasso e il premier Matteo Renzi. A sollevare i dubbi è stato il primo inquilino di Palazzo Madama che, intervistato dal quotidiano La Repubblica, alla vigilia della presentazione del testo di riforma del Senato, si dice preoccupato: “Con un ampio premio di maggioranza e una sola Camera politica, il rischio è che possano saltare gli equilibri costituzionali e ridursi gli spazi di democrazia diretta”.
Grasso dice che “al posto di Renzi” farebbe “questo che sta facendo lui, lavorando con tutte le mie forze per superare il bicameralismo perfetto, diminuire il numero dei parlamentari, semplificare l’iter legislativo”. Poi il presidente del Senato formula la sua ipotesi: “Almeno un centinaio di senatori eletti a cui sono delegate funzioni legislative e di controllo di rilievo”.
“Non si può incidere sulla forma dello Stato solo con la tagliola della calcolatrice” ha detto Grasso che propone anche una combinazione tra rappresentanti delle autonomie e componenti eletti dai cittadini, con i senatori eletti “contestualmente alle elezioni dei consigli regionali, e una quota di partecipazione dei consiglieri regionali eletti all’interno degli stessi consigli”, senza dare la fiducia al governo o votare leggi attuative o finanziarie, occupandosi invece di questioni territoriali, di leggi costituzionali o di revisione, trattati internazionali e leggi che riguardano i diritti fondamentali.
Non si è fatta attendere la replica del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi: “Rispetto il Senato, ma dico no al mantenimento dello status quo. Capisco le resistenze di tutti, ma la musica deve cambiare. I politici devono capire che se per anni hanno chiesto di fare sacrifici alle famiglie ora i sacrifici li devono fare loro. Mai più bicameralismo perfetto”. E ribadisce: “Il modello che proponiamo rispetta la Costituzione”.
Ma Piero Grasso, ospite della trasmissione “In mezz’ora”, replica: “Sono il primo rottamatore del Senato, il primo che vuole eliminare questo tipo di Senato. Ma la riforma monocamerale mette a rischio la democrazia”.
“Voglio aiutare Renzi a non incontrare quegli ostacoli che potrebbero esserci se le riforme non sono appoggiate dal numero dei senatori” perché, se le cose rimangono in questo modo, “i numeri non ci saranno”.
Domani intanto arriva al Consiglio dei ministri il ddl costituzionale. Il Senato dovrebbe diventare, nella proposta che il governo invierà alle Camere, un’assemblea non elettiva con al massimo 150 membri. In Aula siederebbero i presidenti delle Regioni e altri tra sindaci e consiglieri regionali. Nessuno di loro, godendo già delle indennità di carica, percepirebbe un compenso. A Palazzo Madama sarebbero poi attribuite competenze su materie specifiche su autonomie locali e territorio. Nel ddl costituzionale, inoltre, sarebbero contenuti anche i progetti di riforma del Titolo V della Carta – e cioè la suddivisione di competenze tra Stato ed enti locali – e l’abolizione del Cnel (Il consiglio nazionale dell’economia e lavoro).
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