La Femca, il sindacato dei chimici e dei lavoratori dell’energia della Cisl, teme che “una lunga fermata del petrolchimico di Gela potrebbe indurre l’Eni a trasferire il greggio dei giacimenti gelesi in altre raffinerie del gruppo, revocare i programmati 700 milioni di investimento e rinunciare al progetto di riqualificazione e di rilancio dello stabilimento tramite la produzione di gasoli”. L’ha detto il segretario nazionale della categoria, Sergio Gigli, nel corso di una sua visita a Gela dopo l’incendio del 15 marzo scorso all’Isola 7 Nord, con il conseguente sequestro giudiziario dell’area interessata.
Gli impianti sono tutti fermi. A rischio 1500 posti di lavoro tra diretto e indotto. “Bisogna ripartire subito”, esorta Gigli, il quale auspica che la magistratura inquirente “anziché tenere ferma una intera raffineria per un tubo che si è bucato, faccia tagliare e sequestrare la parte di tubazione incriminata e consenta all’Eni di riavviare presto la produzione”. “Le lungaggini burocratiche sono nemiche di Gela” ha aggiunto, riferendosi in particolare al mancato rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale da parte del ministero dell’Ambiente. “Se entro il primo gennaio del 2017 – conclude Gigli – non si parte con la produzione di gasoli speciali, l’Eni rischia di restare fuori dai mercati degli idrocarburi e di dover chiudere Gela”. Domani, convocato d’urgenza, si riunirà il consiglio di fabbrica.