Avvertiti con un sms dopo più di due settimane di incertezza sulle sorti del volo MH370 della Malaysia Airlines, scomparso dai radar l’8 marzo scorso con 239 persone a bordo, i parenti delle vittime non hanno saputo controllare la rabbia. “Al di là di ogni ragionevole dubbio, l’aereo è precipitato nell’Oceano Indiano e non ci sono sopravvissuti”, ha affermato il primo ministro della Malaysia, Najib Razak, in una conferenza stampa.
Incontenibile il dolore dei familiari delle persone che viaggiavano a bordo del Boeing, cinesi per i due terzi. La rabbia e la disperazione dei parenti sono esplose a Pechino, capitale della Cina, in una violenta manifestazione di protesta davanti all’ambasciata della Malesia. Tre ore di grida, lanci di bottiglie di plastica, pianti. Obiettivo le autorità malesi, accusate di aver nascosto per giorni – e probabilmente di continuare a farlo – informazioni sull’accaduto.
“Assassini”, urlavano i manifestanti. “Sin da quando il governo della Malaysia ha annunciato la perdita di contatto con l’aereo l’8 marzo, la Malaysia Airlines, il governo della Malaysia e l’esercito hanno fatto di tutto per perdere tempo e tenere nascosta la verità per 18 giorni, cercando di ingannare le famiglie dei passeggeri e il mondo”, scrivono i familiari delle vittime in un messaggio diretto alle autorità di Kuala Lumpur.
Il governo malese è accusato anche di avere perso tempo nelle operazioni di ricerca, seguendo piste inconsistenti. “Se i nostri cari hanno perso le loro vite, allora la Malaysia Airlines, il governo della Malaysia e l’esercito sono i veri assassini. Metteremo in atto la più forte protesta e condanna e li chiameremo a rendere conto della loro colpa con ogni mezzo possibile”.