La presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi ha incontrato alcuni giornalisti alla prefettura di Catania al termine di alcune audizioni della commissione, alla richiesta di dimissioni avanzata dal consiglio direttivo dell’unione degli ordini forensi della Sicilia per alcune sue dichiarazioni fatte durante l’audizione del prefetto Giuseppe Caruso il 15 febbraio scorso. ”Qui a Catania – ha detto Bindi – più che in altre parti delle regioni meridionali, quelle di tradizionale insediamento dei poteri mafiosi, si coglie lo stretto rapporto tra mafia ed economia”.
”Emergono anche con maggiore chiarezza rispetto ad altre realtà, anche di questa Sicilia – ha proseguito Bindi – i due filoni, non paralleli ma tra di loro ma strettamente collegati, che sono quelli della mafia che agisce attraverso il racket, le estorsioni, la droga e il gioco d’azzardo e quant’altro, e l’altro filone, che è quello della straordinaria capacità di inserirsi nell’economia legale, ovvero la mafia imprenditrice, con una collaborazione di tutta la cosiddetta zona grigia che diventa sempre più purtroppo grigio scuro e che quindi ci impone di indagare, capire e conoscere ma anche di modificare, forse, anche gli aspetti normativi”.
”Ci dobbiamo dotare di maggiori strumenti di prevenzione. Dobbiamo riuscire a seguire la mafia con nuovi metodi che usa abbondantemente in Sicilia e che le servono a penetrare negli appalti ed in tutti gli altri settori della pubblica amministrazione. La mafia di oggi – ha aggiunto Bindi – si presenta con il volto pulito, con lo stesso metodo che del resto usa al Nord”.
“Sui beni confiscati c’è una legislazione che il mondo e l’Europa non riescono ad eguagliare e che sta mostrando anche i suoi limiti. C’è una legislazione che è stata efficacissima per il sequestro e la confisca, molto meno per la utilizzazione dei beni confiscati”, ha detto la presidente della commissione parlamentare antimafia Rosi Bindi. “Credo – ha aggiunto – che abbiamo ancora molto da fare nell’utilizzazione degli immobili, che potrebbero servire per fare una vera e propria politica della casa, uno dei settori carenti del nostro Paese”.
“Un altro dei settori carenti – ha proseguito Bindi – è quello delle imprese confiscate. Sappiamo che alcune di queste sono ricuperabili ma sappiamo che possono essere restituite al circuito legale”. Secondo la Bindi, che ha elogiato l’operato della Dia di Catania e delle altre forze in merito agli ultimi sequestri come quello di stamane, “occorre anche una mentalità manageriale ed imprenditoriale ed una capacità da parte dell’Agenzia del futuro, che noi vogliamo riformare, che sia capace di fare rete e di chiamare a responsabilità tutta l’economia legale per riappropriarsi dei beni che sono stati sottratti dai poteri mafiosi”.
“Se di questi tempi non fosse una battuta sospetta direi di ‘stare sereni’ perché non è questo il caso e il modo di reagire. Non c’è cronaca che non ci dica che uno i problemi principali per combattere la mafia oggi è quello di aggredire la zona grigia, fatta prevalentemente di professionisti, come avvocati, commercialisti, notai, operatori delle banche, imprenditori. Sappiamo che c’è una società civile, soprattutto in questa regione – ha concluso – che ha reagito in maniera esemplare al potere di estorsione e di ricatto della mafia. Ci sono altri settori della società che resistono”.
“Se uno ha voglia di collaborare non chiede le dimissioni di chi gli chiede collaborazione ma dà collaborazione – sottolinea il presidente dell’Antimafia -. So di avere fatto delle affermazioni forti ma purtroppo i fatti mi danno ragione. Ci sono casi, e ne cito uno per tutti, come quello di un avvocato che è stato radiato nella sua provincia ma ha esercitato in un’altra, si è iscritto all’albo in un’altra provincia. Di cosa vogliamo parlare?”.
E aggiunge: ”Anche come ministro della Sanità ho sempre difeso gli ordini. Se però l’ordine diventa una difesa corporativa dei propri iscritti non è più una tutela per i cittadini ma una tutela per chi fa parte dell’ordine. Noi come commissione nazionale Antimafia – ha assicurato – indagheremo sul tema dei professionisti. Credo che se vogliamo aggredire i poteri mafiosi sono dell’idea che oltre che catturare un mafioso bisogna irrobustire un antimafioso, muovere a responsabilità settori importanti della società, soprattutto coloro che sono più vicini di altri anche semplicemente per l’esercizio della loro professione”.
”Non vogliamo criminalizzare nessuno – ha concluso Bindi – ma vorremmo chiamare ad un senso di responsabilità maggiore tutta la società italiana, anche coloro che per professione sono un po’ più prossimi”.