Gli esami per l’Italia non finiscono mai. Di fronte alla corte dei diritti europei di certo e anche davanti ai capi di stato dei paesi membri della commissione che hanno appena sostenuto il processo di riforme annunciato dal premier Matteo Renzi subordinandolo però al rispetto dei vincoli di bilancio. E c’è da giurarci che per l’esecutivo dell’ex sindaco di Firenze, la lente di osservazione resterà ben orientata. I diritti però sono un altro capitolo.
La corte dei diritti di Strasburgo dovrebbe pronunciarsi fra mercoledì 26 e giovedì 27 marzo sui ricorsi presentati da migliaia di precari della scuola italiana. Sono più di 130 mila quelli che chiedono stabilizzazione per il ripetuto ricorso da parte del Miur delle loro prestazioni professionali con contratti di lavoro a tempo determinato. La Corte Ue ha già messo in stato d’accusa il ministero della Pubblica istruzione aprendo una procedura di infrazione per il mancato rispetto della normativa sul lavoro a tempo determinato. Materia, quest’ultima, su cui non senza polemiche il ministro Poletti ha depositato il disegno di legge che andrà a breve all’esame delle Camere.
E la batosta per l’Italia, nel caso in cui la Corte dei diritti europei dovesse riconoscere il diritto violato dei precari della scuola, rischia di essere pesante con un’ammenda fino a 10 milioni di euro.
E al ministro Stefania Giannini arrivano già sollecitazioni e pressioni da parte del mondo politico. “La soluzione non può essere la stabilizzazione in massa dei precari della scuola- dichiara però la responsabile nazionale Scuola e Università di Forza Italia, Elena Centemero – Quelle procedure, infatti, non tengono conto né delle peculiarità del comparto scuola italiano né di quelle del nostro sistema di reclutamento. Peculiarità riconosciute anche dalla Cassazione che, in tema di personale docente, ha legittimato il reiterato uso dei contratti a tempo determinato. Esortiamo pertanto il governo ad avviare, in tempi brevi, il Piano triennale di assunzioni del personale docente, ripartendo egualmente i posti tra vincitori di concorso e graduatorie ad esaurimento, e ad avviare una riforma del sistema di reclutamento che consenta maggiore autonomia e libertà alle istituzioni scolastiche nella scelta del personale”.
E per far fronte a una condanna già comminata, invece, un altro ministero è già al lavoro. Si tratta del dicastero della giustizia guidato dal piddino Andrea Orlando che intende rispondere con precisione alle prescrizioni imposte dalla corte di Bruxelles sulle condizioni di vita dei carcerati italiani.
Condizioni, ha scritto la Corte, che hanno “leso la loro condizione umana”. Fra gli obblighi imposti all’Italia c’è anche il risarcimento dei detenuti costretti al periodo di pena in ambienti angusti – anche meno di 3 metri – e che per questo stile di vita carcerario abbiano subito violenze. Orlando sta studiando una misura ‘minima’ di risarcimento fino ai 20 euro ma soprattutto lo staff tecnico del ministro si concentra sul risarcimento in termini di sconti di pena fino al 20% complessivo di sconto sulla detenzione ancora da scontare escludendo i reati di mafia e quelli gravissimi contro la persona.