È un quadro allarmante quello tracciato dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sulla crisi economica che ha investito il nostro Paese. “Tra il 2007 e il 2013 il Pil è andato giù di 9 punti percentuali. Stiamo registrando dei miglioramenti ma il quadro congiunturale è fragile e ancora esposto a molti rischi”, ha aggiunto parlando al Forum Confcommercio di Cernobbio.
“Il 30 per cento della popolazione italiana è a rischio di disagio sociale, contro una media europea inferiore al 25 per cento”, denuncia il titolare di via XX settembre, che quindi afferma: “Non abbiamo alternativa, dobbiamo crescere, recuperare competitività e creare buona occupazione, il tutto senza mettere a rischio i conti pubblici”.
Ma sa di avere i mesi contati Padoan. “L’orizzonte temporale delle misure del governo è di medio periodo, non ha senso immaginare riforme che non abbiano questo orizzonte”.
La situazione italiana richiede senza dubbio, per Padoan, “una strategia incentrata su misure strutturali, in grado di incidere sia su meccanismi di creazione della domanda interna sia sulla competitività, in una parola sulla capacità di crescita. Il governo, per esempio, ha “in via di definizione” un nuovo piano di privatizzazioni, con l’obiettivo di accrescere l’efficienza delle imprese e di ridurre “in modo consistente” il debito pubblico.
“C’è un attenzione crescente del mercato – ha detto – che va sfruttata nel migliore dei modi. Lo Stato è azionista di controllo di 30 società, e azionista di riferimento di molte quotate. C’e’ spazio – ha detto citando anche le Poste – per una riduzione del ruolo dell’operatore pubblico”.
Inoltre, il governo avrebbe in fase “molto avanzata” la preparazione “tecnica e legislativa” di un provvedimento che risolva definitivamente, anche per il futuro, il problema del pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione. “Il meccanismo – ha spiegato Padoan – deve prevedere il coinvolgimento del settore bancario e delle garanzie, e non deve essere un provvedimento ad hoc, per quanto importante, visto lo stock del debito in essere. Deve invece essere collegato a un meccanismo di trasformazione definitivo dei pagamenti che tolga definitivamente di mezzo il rischio che ci sia un accumulo futuro di questi debiti”.
“Le proposte delle parti sociali e di tutte le associazioni – ha concluso – saranno sempre le benvenute. Il ministro dell’Economia è per vocazione il ‘signor no’ ma io vorrei che questo vocabolario si allargasse”.