Il procuratore della Repubblica del tribunale di Gela, Lucia Lotti, ha disposto il sequestro dell’area di impianto nell’isola 7 Nord del petrolchimico dell’Eni, dove sabato mattina si è sviluppato un vasto incendio per l’improvvisa fuoriuscita da una tubazione di prodotto idrocarburico ad alta temperatura. Il magistrato ha avviato un’inchiesta (per il momento contro ignoti) per il reato di incendio colposo.
La raffineria di Gela, dopo l’incendio, ha dovuto intercettare i liquidi di processo che scorrono (con altre sostanze tossiche) nelle tubazioni sul “rack”, la lunga struttura a ponte che regge le condutture. Fermati di conseguenza anche gli impianti interessati, perché rimasti senza materia da lavorare. I reparti sono 4 (Coking 1, Topping 1, Vacuum e Klaus) e costituiscono la distillazione primaria del petrolio. Tutto questo ha obbligato allo stop dell’intera raffineria, messa in sicurezza sia dalle squadre aziendali antincendio che dai vigili del fuoco.
Si cerca ancora l’esatto punto della perdita di idrocarburi che ha causato il rogo. Dopo avere spento le fiamme infatti un secondo focolaio si è improvvisamente propagato nella stessa zona, prontamente spento dal personale aziendale. Dai primi accertamenti eseguiti, il luogo dell’incidente sarebbe quello all’incrocio tra la terza strada dello stabilimento e la strada interna che separa l’impianto Topping 1 dall’impianto Coking 1. Massicci gli interventi di bonifica per eliminare i residui di prodotti petroliferi e lo schiumogeno usato come liquido estinguente. L’inquinamento atmosferico dovuto all’intenso fumo nero è stato spazzato via, verso il mare, dal vento di tramontana che soffiava su Gela e che ha impedito che la nube tossica investisse la città con più gravi conseguenze.
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