“Stava per entrare in un periodo molto ma molto duro. E allora mi fece recapitare l’agenda coi numeri riservati”. È questa la rivelazione shock di Clive Goodman, l’allora corrispondente di punta da Buckingham Palace per il quotidiano News of the World. La rivelazione scottante in realtà è una testimonianza giurata che il giornalista ha fatto davanti alla corte nel corso del processo contro il magnate Murdoch e i suoi media per violazione illegale della privacy nei confronti di cittadini e vip.
Diana, la più amata dal popolo inglese, ad un passo dalla separazione con Carlo nel 1992, per difesa e contrattacco preventivo avrebbe quindi fatto la sua mossa: permettere ai cronisti di frugare liberamente nella vita dei reali. Come? Cercando alleati e fornendo informazioni riservate, come in ogni guerra che si rispetti.
Quegli anni li ricordano tutti per le accuse, i segreti svelati e i dettagli della storia fra i nobili sposi sbattuti quotidianamente in prima pagina, “la principessa cercava un alleato”, racconta Goodman al giudice, “voleva che venissero smascherate le forze potenti schierate contro di lei”. Così si mise personalmente in contatto con il corrispondente.
I famosi “green books”, i contatti dei reali, le loro rubriche telefoniche, finivano periodicamente sulla scrivania del corrispondente o tramite il banale e sicuro servizio postale o, beffa delle beffe per Carlo, tramite il suo valletto personale. Già Kenneth Stronach, uno dei più fidati collaboratori del primogenito reale nel 1995 portò il “tesoro” di persona a Clive Goodman.
“La principessa era sempre ansiosa di sapere se avessi ricevuto tutto”, perchè, a quanto pare, era l’unica arma che aveva per difendersi e per uscire da quell’inferno dorato.