Omicidio d’onore nel Nisseno, la verità 14 anni dopo | La vittima era un “dongiovanni”: arrestati due fratelli

di Redazione

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Omicidio d’onore nel Nisseno, la verità 14 anni dopo | La vittima era un “dongiovanni”: arrestati due fratelli

| giovedì 13 Marzo 2014 - 08:22

Il padre non si era mai rassegnato all’uccisione del figlio. Orazio Sotti aveva soltanto 22 anni e il suo omicidio, avvenuto 14 anni fa a Gela, all’epoca era stato archiviato come “ad opera di ignoti”. Ma la squadra di polizia giudiziaria del commissariato della città del Nisseno ha riaperto le indagini su richiesta del padre della vittima e, imboccata la pista del movente passionale, è riuscita a identificare e arrestare i presunti autori.

L’inchiesta, denominata “Cold Case”, ha portato in cella due fratelli di Niscemi, Salvatore e Giuseppe Cilio, di 38 e 36 anni, entrambi pregiudicati, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Gela, Veronica Vaccaro, su richiesta del procuratore, Lucia Lotti e del pm Serafina Cannatà.

Pare che Orazio Sotti, detto Salvatore, fosse considerato in paese un “dongiovanni”, avrebbe sedotto le ex fidanzate dei Cilio, suoi compaesani, sulle quali i due fratelli ritenevano invece di poter vantare una sorta di arcaico diritto feudale di proprietà. Quelle relazioni, seppure appena accennate, avrebbero provocato la reazione di Salvatore Cilio, che si trovava in carcere per altri reati, tanto da indurlo a concordare con il fratello Giuseppe l’uccisione di Sotti perché quel “fimminaru” li avrebbe disonorati.

Secondo la ricostruzione della polizia, Giuseppe Cilio (non si sa bene se da solo o con un altro complice) avrebbe raggiunto Sotti a Gela, nel garage della sua abitazione di via Nomentana, nel quartiere Fondo Iozza, poco dopo la mezzanotte dell’antivigilia di Natale del 2000, e gli avrebbe sparato sette colpi di una pistola semiautomatica Beretta, uccidendolo all’istante. Il caso finì in archivio nel 2011. In questi mesi, la riapertura del caso e la svolta nelle indagini dirette dal commissario Francesco Marino.

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