Il telecomando usato per la strage di via D’Amelio nella quale perse la vita il giudice Paolo Borsellino potrebbe essere stato piazzato nel citofono dell’abitazione della madre del giudice. Come riporta il quotidiano Repubblica.it, il boss Totò Riina sarebbe stato intercettato in carcere e l’avrebbe confidato al detenuto Alberto Lorusso.
Il capomafia corleonese si è anche vantato dell’idea definendola “un colpo di genio”. Non è la prima volta che il capomafia corleonese si vanta delle proprie “gesta stragiste”. Nelle lunghe chiacchierate con Lorusso, il boss alterna minacce ai magistrati che indagano sulla trattativa Stato-mafia con ricordi dell’epoca delle bombe mafiose: “Io ho vinto proprio, ho vinto da strafare”, dice. E rivendica, con toni irridenti, gli attentati di Capaci e via D’Amelio e, tra gli altri, gli omicidi del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e del giudice Rocco Chinnici.
Gli inquirenti hanno cercato di decrittare le conversazioni tra Riina e Lorusso, molto confuse, e non sono ancora riusciti a capire se l’esplosione dell’autobomba che uccise Borsellino e gli agenti della scorta sia stata provocata dallo stesso magistrato, citofonando all’appartamento della madre, o se ad azionare il congegno, piazzato nel citofono, sia stato, come ritenevano gli investigatori, il boss Giuseppe Graviano nascosto a poca distanza. La conversazione, ora trasmessa ai pm di Caltanissetta che hanno riaperto le indagini sull’eccidio di via D’Amelio, risalirebbe ad agosto scorso.
Nessun pentito ha mai chiarito, finora, chi abbia azionato il telecomando usato per l’eccidio di via D’Amelio. Ora i pm di Caltanissetta che hanno riaperto le indagini sulla strage stanno cercando di verificare le ultime rivelazioni di Riina anche se, a distanza di 22 anni, sarà molto complesso riuscire a venire a capo del mistero.
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