Oltre i conti e le riforme, uno dei casi più scottanti ereditati dal nuovo governo, quello guidato da Matteo Renzi, è senza dubbio la spinosissima questione marò.
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone hanno presentato alla Corte Suprema indiana un’istanza nella quale si oppongono all’utilizzazione della polizia antiterrorismo Nia per le indagini sul loro caso. La decisione era stata presa dalla Corte Suprema indiana che, nel corso dell’ultima udienza, ha rinunciato al Sua Act, la legge antiterrorismo per la repressione della pirateria. Aveva lasciato però alla Nia il compito di definire i capi d’accusa.
Nell’istanza presentata giovedì – corposa, quasi cinquanta pagine – si sostiene che per la sua stessa natura di polizia antiterrorismo, la National Investigation Agency (Nia) non può agire senza la presenza di specifiche leggi speciali, come il Sua Act, per la repressione della pirateria. La Corte, secondo i legali dei due marò, annunciando il ricorso al codice penale e non più al Sua Act, non può dunque delegare le indagini alla polizia antiterrorismo.
Era stato proprio lo stesso Renzi a garantire l’impegno incondizionato da parte della sua squadra per riportare i fucilieri Latorre e Girone in Italia e per questo il governo sta lavorando. L’ultima notizia, in ordine di tempo, fa riferimento a una telefonata tra il ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini e il suo omologo indialo, Salman Khurshid.
Ad annunciarlo è stata la stessa titolare della Farnesina sul proprio profilo Twitter: “Parlato ora con il Ministro degli Esteri indiano Khurshid dei nostri marò. Lavoriamo per riportarli in Italia”, scrive.
In precedenza era stato il ministro della Difesa, Roberta Pinotti a incontrare, lo scorso martedì, l’ambasciatore italiano a New Delhi, Daniele Mancini, esortato a seguire il caso con la massima attenzione.
Parlato ora con il Ministro degli Esteri indiano Khurshid dei nostri #Maró. Lavoriamo per riportarli in Italia
— Federica Mogherini (@FedericaMog) 7 Marzo 2014