Ha da poco lasciato il ministero della Funzione pubblica che ha guidato durante il governo Letta. E negli stessi giorni ha perso per un soffio (4 voti) la corsa alla segreteria nazionale dell’Udc. Ma Gianpiero D’Alia, leader siciliano dei centristi, ha già un’altra sfida da condurre: dare vita a un’aggregazione politica fra Udc, Ncd, Popolari per l’Italia che si ispiri al Partito Popolare europeo. Un dialogo in cui includere anche Forza Italia. Un ragionamento che il deputato sviluppa a partire dal dibattito in corso sull’Italicum.
Due giorni fa, mentre erano in corso le trattative fra Renzi e Berlusconi sulle modifiche all’Italicum, lei si è pronunciato sostenendo la necessità di appoggiare il dialogo fra l’opposizione e la maggioranza. Diversificando così almeno una parte delle mozioni interne al suo stesso partito che spinge per un ridimensionamento delle soglie di sbarramento.
“La questione è molto semplice, dopo le elezioni politiche scorse l’Udc ha deciso di schierarsi alle prossime elezioni abbandonando una posizione terzopolista che si è rivelata fallimentare. Si è deciso di costruire qualcosa di nuovo: negli ultimi dieci anni abbiamo contestato e contrastato il bipolarismo come si era costruito nella Seconda Repubblica, considerato fallimentare. Preso atto che la nostra campagna elettorale con Monti non ha portato ad un cambiamento profondo del sistema politico causato dal successo di Grillo,abbiamo ritenuto di cambiare rotta. Ma non siamo i soli. Non è un caso che Renzi abbia collocato il Pd all’interno del Partito socialista europeo. La strada è questa: collocarsi all’interno di un’area di ispirazione popolare. E’ evidente che anche il dibattito sulla legge elettorale deve tenere conto della valorizzazione delle grandi aree politiche per far si che la politica si organizzi, soprattutto quella moderata. Favorire un’intesa sulla legge elettorale è giusto sia nel metodo che nel merito. Nel metodo innanzitutto: le regole si scrivono insieme fra maggioranza e opposizione, ogni volta che la legge elettorale è stata scritta senza tener conto delle istanze delle opposizioni, si è fatto un danno al paese”.
Comprendo l’esigenza di lavorare ad un sistema bipolaristico per il futuro, ma lo stesso Italicum, attraverso il turno di ballottaggio, riconosce di fatto una immaturità dell’elettorato italiano a scegliere i due blocchi politici principali, di destra o centrodestra e di sinistra o centrosinistra.
“Il ballottaggio serve a fare in modo che si mettano in piedi maggioranze parlamentari omogenee. Il turno unico fino ad oggi ha solo registrato la costruzione di castelli elettorali e non di soggetti politici omogenei. E’ questo il motivo per cui siamo propositivi verso l’accordo elettorale. Ed è per questo che non possono essere sostenute battaglie di retroguardia sulle soglie di sbarramento per mantenere in vita partiti bonsai”.
Ribadisco, una linea un po’ divergente da altre anime del suo stesso partito.
“Noi abbiamo fatto un congresso del partito in cui è stata decisa la linea unitaria di costruire il Partito Popolare europeo partendo dalle forze che sostengono l’attuale esecutivo, vale a dire Udc, Ncd, Popolari per l’Italia di Mauro. Ma non è sufficiente, lo spazio entro cui avviare questo dialogo non può escludere chi oggi ha la rappresentanza di circa il 20% degli elettori italiani, una porzione di elettorato alternativa alla sinistra. E mi riferisco a Forza Italia. Un cambiamento necessario per costruire una nuova offerta politica anche attraverso una nuova classe dirigente. Discorso che vale in Italia come in Sicilia. Quanto a noi, ci sono alcuni esponenti, penso a De Mita, che ritiene che l’Udc debba essere una nuova Margherita costola del centrosinistra: un percorso e una valutazione non condivise”.
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