L’accordo sulla legge elettorale raggiunto fra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi – attraverso i propri emissari – non convince l’aula di Montecitorio. Alla Camera sono in corso le riunioni del comitato dei nove e anche del gruppo Pd per discutere degli oltre 550 emendamenti al testo di riforma della legge elettorale.
Nonostante l’accordo sull’approvazione dell’Italicum per la sola Camera dei Deputati contando sul fatto che il Senato sarà abolito come da intese raggiunte lo scorso 18 gennaio al Largo del Nazareno, l’esame degli emendamenti e soprattutto l’ostruzionismo di alcuni deputati, come il democratico Salvatore Lauricella che dalla riunione Pd fa sapere di non essere disposto a ritirare il suo, rendono difficile il percorso parlamentare della legge.
Il comitato dei nove si presenta in aula – dopo la commemorazione dei nove anni dalla morte di Nicola Calipari – chiedendo un rinvio della seduta a domattina alle 10.30. Lo fa il presidente della prima commissione Affari istituzionali, Francesco Paolo Sisto, a nome di tutti i componenti del comitato ristretto.
Il dibattito è acceso e senza dubbio la mossa a sorpresa di Berlusconi che ha deciso di accettare l’emendamento D’Attorre, che prevede l’applicazione dell’Italicum per la sola elezione dei deputati della Camera, come se il Senato fosse già stato riformato con la trasformazione in Camera delle Autonomie, ha spiazzato il Pd in primo luogo.
La minoranza interna dei bersaniani – nonostante l’emendamento accolto da Berlusconi sia proprio della corrente dell’ex segretario – intende continuare l’ostruzionismo interno rivolto al premier e segretario Matteo Renzi. Ma restano da affinare le strategie.
Dalla mossa di Berlusconi, inoltre, la strategia del cavaliere esce definitivamente allo scoperto: pur di non vedere impallinata dal voto segreto la riforma elettorale, il leader di Forza Italia ha ‘ceduto’ o finto di cedere allo slittamento dei tempi di entrata in vigore della nuova legge: non appare credibile infatti che la riforma costituzionale del Senato possa maturare in tempi brevi. E il via libera all’emendamento D’Attorre di fatto paralizza la legislatura di almeno un anno e mezzo se non due.
Slittamento dei tempi che conviene, nei fatti, proprio al cavaliere alla disperata ricerca di un successore alla sua poltrona che possa sfidare e magari battere Matteo Renzi. Il segretario del Pd dal canto suo, forse non prevedeva le difficoltà che si è trovato sul cammino. E che con difficoltà sta affrontando in queste ore. Per lui, almeno fra gli addetti ai lavori, ormai è un continuo fiorir di critiche. Prima fra tutte quella del cavaliere che con la nota in cui ha offerto la propria disponibilità alla riforma del testo originario, ha sottolineato con enfasi le difficoltà in cui arranca il premier e presidente del consiglio: “Prendiamo atto con grave disappunto della difficoltà del Presidente del Consiglio di garantire il sostegno della sua maggioranza agli accordi pubblicamente realizzati”.
Una sfiducia a cui lo stesso Renzi è costretto a replicare da Tunisi dove si trova in missione istituzionale: “Vorrei sommessamente far notare a Berlusconi e a quelli che stanno criticando questo passaggio che è esattamente quello che ci siamo impegnati a fare: un sistema elettorale che garantisce un vincitore anche attraverso i ballottaggi, la riduzione del numero dei parlamentari con l’abolizione del Senato, la riduzione dei costi e degli sprechi”.