Il boss Toto’ Riina avrebbe progettato, negli anni ’80, di uccidere l’ex Procuratore Federale, poi sindaco di New York, Rudolph Giuliani. Lo ha rivelato il pentito Rosario Naimo ai pm che indagano sulla trattativa Stato-mafia.
Secondo quanto ricostruito finora Naimo, che per anni ha vissuto negli Usa, avrebbe ricevuto la visita di un uomo d’onore siciliano, Benedetto Villico, che gli portò un messaggio di Riina da consegnare ai boss italoamericani Gambino.
Nella lettera, ha raccontato, si ordinava l’omicidio di Giuliani, soprannominato “procuratore di ferro” e autore di importanti inchieste su droga e mafia, in collaborazione con il giudice Giovanni Falcone.
A Riina Naimo fece sapere di essere contrario al progetto perché i contraccolpi a un delitto simile in America sarebbero stati enormi. Durante un incontro in Sicilia il padrino corleonese avrebbe detto a Naimo: “l’omicidio lo vogliono loro”, senza specificare a chi si riferisse. E avrebbe indicato il movente dell’attentato da compiere nella volontà di isolare Falcone.
Al centro delle ultime rivelazioni la figura di Nino Cina’, boss vicino al capomafia corleonese Toto’ Riina, che avrebbe consegnato a Vito Ciancimino il papello con le richieste del padrino allo Stato per far cessare le stragi. Tra la strage di Capaci e quella di Via D’Amelio, periodo in cui i pm collocano appunto la consegna del papello, Cina’ avrebbe confidato a Naimo di essere preoccupato per le eccessive responsabilità nei contatti con i politici che gli erano state addossate da Cosa nostra.
Il braccio destro di Riina avrebbe confidato a Naimo, l’intenzione di lasciare la Sicilia e trasferirsi negli Usa. Al progetto di Cina’ si sarebbe opposto Riina che avrebbe chiamato Naimo cercando di far saltare il trasferimento in America del boss. “Se si brucia – avrebbe detto Riina alludendo a Cina’ – siamo rovinati”.
Il pentito ha anche raccontato ai magistrati di essere stato contattato dal capomafia trapanese Messina Denaro, dopo l’arresto di Riina. Questi gli avrebbe portato un messaggio del capomafia Leoluca Bagarella che voleva coinvolgerlo nel progetto indipendentista di Cosa nostra “Sicilia Libera” sostenendo che si trattava di un piano appoggiato dai Servizi segreti americani.
I verbali con le rivelazioni di Naimo sono depositati agli atti del processo sulla trattativa insieme a quelle di un altro collaboratore di giustizia, Fabio Tranchina.
“Ci sono impegni presi e li dobbiamo portare avanti. Le leggi ce le facciamo noi e abbiamo avuto garanzie. O fanno quello che vogliamo o gli rompiamo le corna”. A parlare di “impegni” presi dalla mafia e “garanzie” date ai clan è il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano che, dopo l’arresto del capomafia Toto’ Riina si sarebbe cosi’ confidato col suo braccio destro, Tranchina, che ora collabora con la giustizia. Dopo la cattura del padrino, a gennaio del 1993, Graviano avrebbe anche avvertito Tranchina di un’imminente “guerra all’interno di Cosa nostra”. “Ma stai tranquillo – l’avrebbe rassicurato – non ti toccherà perché non ti conoscono”.
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